martedì 17 giugno 2014

i tredici/quattordici anni


A tredici anni, ormai, i ragazzi sono molto vicini ad un’altra svolta importante: quella del quattordicesimo anno, l’anno in cui si compirà il secondo settennio e il “sentire” si libererà dalla dipendenza dalla corporeità.

Momento, questo, in cui nel fanciullo avvengono trasformazioni di cui l’adulto deve tener conto e in base alle quali deve assumere ancora una volta un comportamento diverso nei suoi confronti, e, come sempre, pieno d’amore e di interiore comprensione.

A tredici anni, il ragazzo ha in sé il presagio del mutamento che gli farà ormai “definitivamente” abbandonare l’infanzia e che lo introdurrà “inesorabilmente” nel mondo.

Dalla nascita fino al compimento del secondo settennio il fanciullo, si può dire, non è ancora “sceso definitivamente” nell’incarnazione; ma con il compimento dei quattordici anni, egli si trova veramente per la prima volta, interamente, autonomamente, di fronte al proprio destino, quello che il karma gli ha preparato e ciò gli procura interiore sgomento. A tredici anni, egli ha già sentore di questo.

A tredici anni, l’adolescente vede il mondo “con occhi nuovi”. Come Giotto, tra gli artisti del suo tempo, vide il mondo in una maniera nuova, anticipando motivi che si sarebbero sviluppati nel Rinascimento, così ora l’adolescente comincia a sperimentare che il mondo è qualcosa di nuovo, qualcosa da scoprire, da conoscere in ognuno dei suoi molteplici e svariati aspetti. Egli, ormai è inserito nel processo che lo condurrà all’emancipazione del sentire, perciò scopre nella propria interiorità che i sensi assumono un significato nuovo. Un tempo, nella prima infanzia, essi erano il veicolo di una conoscenza che lo avrebbe condotto all’intelletto, ora essi lo conducono al sentimento! I sensi non sono più qualcosa che ci fa vedere, toccare, sentire…, ora essi diventano un veicolo per i sentimenti, i grandi sentimenti che sorgono nuovi e puri nell’anima.

Un tramonto, la luna rossa che s’innalza nel cielo, la vastità del mare … possono generare felicità nell’animo di un fanciullo di questa età e gli stessi possono farlo piombare in uno stato di triste malinconia, una malinconia persino disperata!

Occorre avere molta sensibilità nei confronti dei ragazzi di questa età. Essi vanno accompagnati con grande attenzione in questo valico!

C’è in essi come uno stupore, come un disorientamento interiore nello scoprirsi dotati di sensi così sensibili!

Il maestro, l’adulto in genere, deve aiutarli a comprendere che il mondo dei sensi è una base per comprendere il mondo, per questo deve farli lavorare in modo da penetrare coi sensi nelle cose e creare con esse. I lavori manuali che  si svolgono nelle scuole Waldorf sono importantissimi, poiché costruire una barca per poi andare in gita con la classe sul fiume, come ho visto fare in una settima classe della scuola di Chatou, o  mettere su le scene per lo spettacolo di fine anno, o coltivare la terra, magari trascorrendo un periodo in qualche fattoria …. o i maschi confezionarsi la propria camicia, o entrambi, maschi e femmine, la propria tunica di euritmia o i costumi per la messa in scena del proprio lavoro teatrale…. tutto questo, anche se il lavoro manuale è stato sempre praticato fin dall’asilo, genera nei ragazzi sicurezza: essi, ora, scoprono di possedere forze nuove che prima non affioravano alla loro coscienza. E questi sentimenti che li assalgono come onde maestose di un mare che si agita e si placa in ritmico movimento, il cui senso sfugge alla loro consapevolezza, si trasformano allora in entusiasmo per il fare e per il conoscere. L’acquisizione di competenze e di abilità genera nei ragazzi gioia e sicurezza.

  A questa età, qualche volta, nel canto, - il maestro lo rileva- la voce si vela di un sottile velo di malinconia, la malinconia che giace nei recessi dell’anima per quell’infanzia che si sta perdendo; a questa età riso e pianto si avvicendano in improvvisi “scoppi” per poi placarsi subito dopo e cedere l’uno all’altro umore in un quasi ritmico alternarsi. In una classe di ragazzi di tredici anni, se predomina il riso, l’allegria, ciò è segno di buona salute. Infatti, a tredici anni, i ragazzi sono “uomini del Rinascimento”, protesi verso l’esplorazione del vasto mondo tutto ancora da conoscere e pertanto colmi di curiosità e di ardimento, e, come tali, fiduciosi e allegri nella preparazione delle loro imprese. Per questo Steiner ha previsto per loro lo studio delle grandi scoperte geografiche e delle imprese degli uomini del Rinascimento e delle grandi personalità di questo periodo storico. Si potrebbe dire che in ogni singolo fanciullo di tredici anni ci sia un piccolo Pico della Mirandola, quel famoso e grande umanista che seppe ben esprimere il nuovo modo di pensare e di sentire del suo tempo, dicendo che l’uomo  è al centro del mondo in grado di affrontare con le sue forze il destino. E’, infatti, studiando la storia dei grandi uomini del quattrocento e del cinquecento che il fanciullo trasforma la sua più o meno latente o  manifesta sete di conoscenza in entusiasmo esplorativo per quello stesso mondo nel quale dovrà percorrere le vie che lo condurranno al compimento del proprio destino, poiché egli, che non ha ancora acquisito quelle forze sulle quali l’uomo dell’Umanesimo e del  Rinascimento ha fondato il suo destino di esploratore e di artista, trova proprio nel racconto delle biografie di questi grandi uomini che destano in lui tanta ammirazione il modello da cui trarre la fiducia per il proprio ingresso nel mondo. E, come nell’animo di uno degli uomini più rappresentativi del Quattrocento italiano e degli elevati ideali rinascimentali, Lorenzo il Magnifico, convivono la fiducia nelle proprie azioni e la sorridente allegria del vivere insieme con quel sottile ma pur persistente dubbio sul domani, così nel fanciullo di tredici anni convivono la spensierata allegria della giovinezza con la domanda sul proprio destino futuro.  C’è in lui questo sentimento “ del diman non v’è certezza” del Trionfo di Bacco e Arianna di Lorenzo. Solo che nel fanciullo di tredici anni esso anticipa il dubbio connesso con la domanda che a quattordici anni si farà chiara nella propria interiorità: sarà il mio futuro corrispondente a quanto mi è prescritto dal Karma?

 Il racconto delle biografie di grandi uomini è molto importante per i fanciulli di questa età: tra i tredici e i quattordici anni i ragazzi,infatti,  hanno bisogno di modelli tra i quali ciascuno poi sceglie il proprio, quello che gli si confà come punto di riferimento da seguire. E’ a questa età che cominciano a sorgere gli ideali ed è bene allora che i ragazzi ascoltino il racconto di biografie di grandi spiriti del pari di un Leonardo, di un Michelangelo, di un Beethoven… Anche nel disegno essi, tra la settima e l’ottava classe, eseguono copie di lavori dei grandi artisti del Rinascimento e in musica conoscono i grandi musicisti.

Ai ragazzi di tredici anni è da parlare ampiamente delle tante personalità del Rinascimento e presentare loro la storia, incentrandola sulle biografie, avvalendosi il maestro dei molti buoni scritti a disposizione, a cominciare dallo stesso Vasari (Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri

  Si deve loro parlare delle Scoperte Geografiche, di Enrico il Navigatore, il principe scienziato del Portogallo che fondò la scuola di Sagres sull’ultima propaggine occidentale europea, la cosiddetta “fine del mondo”, un luogo che persino per la sua stessa posizione geografica era volta verso l’ignoto oceano da esplorare. Sagres fu la prima vera e propria scuola di navigazione, che mise in atto il metodo investigativo moderno, il metodo scientifico; qui il principe radunò scienziati geografi matematici da ogni parte e insieme studiavano e preparavano i piani di navigazione ad ogni viaggio. Un capitolo di storia di rara importanza, attraverso il quale l’adolescente impara che  ogni tipo di esplorazione nella vita richiede previa seria preparazione. Anche l’adolescente, che tra non molto sarà lanciato nell’esplorazione del mondo, ora deve aver coscienza dell’importanza del suo prepararsi a ciò.

I tredici anni mostrano, si può dire,  una certa corrispondenza con l’ottavo anno. Allora, un anno dopo l’inizio del secondo settennio, il bambino nel suo cominciare a discendere dai mondi sublimi dello Spirito in quello terreno, aveva bisogno di essere interiormente rassicurato, attraverso il racconto delle vite dei santi cristiani, che il destino terreno dell’uomo può svolgersi in modo da non recidere gli intimi legami col mondo spirituale di provenienza di cui si può, invece, imprimere con le proprie azioni orma durevole qui sulla Terra. Ora, un anno prima della transizione dal secondo al terzo settennio, transizione che introdurrà il fanciullo nel mondo in cui dovrà muoversi con il sostegno delle proprie forze, all’adolescente viene narrata la vita di uomini del Rinascimento che, come ben ebbe a dire uno dei suoi massimi rappresentanti, Marsilio Ficino, sono stati posti nel mondo per poter foggiarsi liberamente con la propria virtù e il proprio valore il proprio destino.  E questa libertà di ascendere alle grandezze come di poter cadere nella miseria dell’avidità e del desiderio di potere si può vedere in alcuni di questi grandi uomini. Pensiamo ad esempio alla vita di Cristoforo Colombo, come essa si pone come esempio di tutto questo! In lui si trova la fiducia nel proprio pensiero: quando egli ebbe l’intuizione della rotondità della terra, ciò nacque come esperienza della propria anima. E in lui c’è la venerazione per la tradizione, che lo conduce a trovare fondamento al suo disegno nella lettura del quarto libro di Esdra apocrifo, in cui è detto che Dio, nella creazione, comandò alle acque di raccogliersi nella settima parte della Terra, prosciugando le altre sei. Da qui infatti egli dedusse che se solo un settimo del pianeta era occupato dalle acque, l’estensione dell’oceano doveva essere molto limitata.  E anche altre letture gli confermavano che la sua idea era giusta. In lui c’è la perseveranza: dieci anni di attesa, molte richieste di ascolto e di aiuto a sovrani di varie nazionalità, prima di veder accolta la sua proposta. In lui la fermezza e la lungimiranza del comandante che non si lascia turbare dai timori e dalle ansie dell’equipaggio. In lui tutta la grandezza di quel giovane uomo di quarant’anni, alto, magro, dal volto lungo, gli occhi azzurri e il naso aquilino, che, modesto, grave, affabile discreto, partiva per un lungo viaggio verso l’ignoto, unendo in sé i talenti dell’uomo medievale che continuava a credere nei significati occulti delle cose e quelli dell’uomo rinascimentale che una sete di conoscenza del nuovo attirava verso l’ignoto.

E, dopo aver raccontato, ispirandosi allo stesso Diario di bordo, tutte le peripezie dei suoi viaggi, i sentimenti alterni dell’equipaggio, l’avvistamento di quell’indimenticabile 12 ottobre del 1492, ecco poi il lento decadere della vecchiaia in cui lo spirito cede alla corruzione del denaro! E con la caduta nella morsa dell’avidità, la trasformazione che lo fa uomo senza più umana pietà.

 

E di figure del quattrocento e del cinquecento da presentare ai ragazzi di tredici anni ve ne sono veramente molte, tra uomini politici e studiosi e artisti. Anche le esperienze teatrali s’incentrano per lo più su queste figure. Si hanno vari testi a disposizione che si possono adattare ai ragazzi.

Per i ragazzi di questa età sono molto indicati anche alcuni racconti gialli. C’è in essi la ricerca della verità, l’investigazione dei fatti.

 Per i ragazzi di tredici anni assume un grande valore il linguaggio. Infatti, all’elemento grammaticale si aggiunge quello dello stile. Sempre, fin dall’asilo, il linguaggio è di fondamentale importanza. Per i piccoli semplice ma molto corretto. Poi sempre più vario, colorito, ricco, ben pronunciato ed elegante. L’educazione è connessa col genio del linguaggio. Il maestro su questo deve fare molta autoeducazione, perché da come egli usa il linguaggio derivano veramente molte cose per il bambino prima e per il giovane dopo.  Mai sciatteria, mai forme scorrette, sempre l’uso di una lingua volta a destare nell’animo dei fanciulli sentimenti e pensieri elevati, anche quando il linguaggio deve essere tecnico, anche tutte le volte che deve essere intriso di bonario ma acuto umorismo.

L’introduzione dello stile consente nella settima classe la conoscenza, sempre in modo umoristico, (cosa che accompagna sempre ogni insegnamento di grammatica) dei diversi stili secondo i quattro temperamenti e i ragazzi stessi vi si cimentano, con molto divertimento, aprendo nuovi varchi alla comprensione di sé e dell’altro.

Il linguaggio, intorno ai tredici e ai quattordici anni, specie per i più dotati, - e l’esserlo è cosa che ha la sua prima manifestazione a dieci anni – consente

di esprimere i nuovi sentimenti, come l’entusiasmo per uno spettacolo naturale, anche fosse un cielo grigio e tempestoso, o come il batticuore del primo amore, con quella sincerità e purezza dell’infanzia.  E all’infanzia si resta sempre legati, fino alla vecchiaia!

Se specialmente la si è vissuta bene essa è un rispecchiarsi della vita spirituale prima della nascita. Ed ora che si è vicini ad entrare nel terzo settennio si ha bisogno di sentire che nel nostro essere permane la continuità con i primi anni della nostra vita qui sulla Terra.

 L’insegnamento della chimica, introdotto per la prima volta a 13 anni, conduce i ragazzi attraverso gli esperimenti diretti a prendere coscienza dei processi di combustione del carbonio, dello zolfo e del fosforo e di come queste tre sostanze partecipino alla costituzione del nostro corpo: il fosforo nella sostanza nervosa e nelle ossa, il carbonio nel sangue, lo zolfo nel sistema digestivo. L’esperienza della combustione, con cui si apre l’epoca d’insegnamento della Chimica, genera una grande impressione nei tredicenni. Tutti assorti e in silenzio intorno ad un grande fuoco allestito all’aperto essi osservano le nuvole di fumo salire in alto e l’anidride carbonica che si vede in trasparenza mischiarsi all’aria e sentono gli odori della legna che brucia e ascoltano il crepitio e lo scoppiettare della legna che arde….. e i loro sensi sono tutti impegnati nell’esperienza percettiva del fenomeno. Poi, il giorno dopo, dopo aver visitato il mucchietto di cenere che giace lì abbandonato nel giardino e dato voce ciascuno alle proprie osservazioni, può succedere che qualcuno di loro dica:  “ Il fumo e l’acqua che  si liberano dal fuoco e salgono nel cielo mi hanno fatto pensare che sono come quando una persona fa un’esperienza, e la sa comprendere, allora qualcosa di questa esperienza sale in alto e va nel mondo dello Spirito e resta nell’eternità”.

 E’ molto toccante per un maestro sentire, negli intensi momenti di un colloquio con i propri allievi, osservazioni e riflessioni da cui egli stesso impara. Magari durante la gita dell’ottava, come quando, alla fine di una giornata di visite istruttive, ci si raduna insieme per la preghiera della buona notte e prima si parla un poco e ognuno che parla genera attorno a sé il vivente silenzio dell’ascolto!

Allora vi sarà qualcuno che dirà che la vita umana è come una sfera. Infatti, dalla lezione del primo giorno di scuola, il disegno della linea retta verticale, alla sfera, ultimo argomento di studio della Geometria solida, il fanciullo ha fatto un percorso molto importante, che gli ha consentito di prendere gradualmente coscienza della propria verticalità quale espressione dell’Io proprio e del proprio inserimento nel mondo, rappresentato dalla sfera che tutto comprende e in cui egli stesso è inserito con la propria verticalità.

Qualcun altro dirà: “Noi siamo il centro e l’esterno è come costruiamo la nostra vita attorno a noi .”. Altri: “Il centro siamo noi e che dobbiamo trovare una misura per percorrere la nostra vita e se è sempre la stessa misura si può fare un cerchio perfetto.”.

Un altro ancora aggiunge:  “Il centro può essere Dio ed ognuno deve trovare la misura adatta per avere il contatto, quello adatto a se stesso,  con il mondo spirituale.”.

 Oppure vi sarà qualche ragazza che in un componimento scritto parlerà della sua esperienza teatrale, avendo interpretato, alla fine del ciclo delle otto classi, il personaggio di Ariele, lo spiritello ai servigi di Prospero e infine reso libero. Rivelerà che, pur essendosi dapprima detta che interpretare Ariele non era cosa che la interessasse, tuttavia decise di interpretare “quel folletto scattante e minuto”; confesserà lo “sconforto” durante le prove di recitazione, essendosi sentita “impacciata e goffa” e ricorderà “con ogni senso” la “sera in cui s’incontrò con Ariele”, una “sera scura senza luna né astri” in cui mentre provava la parte, ad un tratto fu colta dalla “frenetica voglia di schiudere l’uscio” al folletto “come un bimbo da poco sorto ricerca la madre”. Ci renderà partecipi del suo “segreto”, scrivendo che questa recita non l’aveva fatta per i maestri o altri, nemmeno per la madre, ma solo per sé ed Ariele, “complici di un segreto”: quello che, prima di entrare in scena, lui aveva “posato la mano sulla sua spalla”, le aveva raccontato “tutto del suo io”, tutto quello che lei aveva cercato e che subito dopo erano un unico essere che parlava e si muoveva con passo “leggero e scattante”, di fronte al grande Prospero, “il più potente dei potenti” , “il buon padrone”. E infine concluderà

dicendo  che Ariele  sarà per lei, nella vita, lo spirito guida: “…l’aria per i miei polmoni, il sangue nelle mie vene. Indispensabile come il sole per il mattino.”.

Chi conosce l’opera di Shakespeare, può ben comprendere come ad una visione approfondita, il personaggio di Ariele, il folletto che Prospero, giunto nell’isola misteriosa, aveva trovato racchiuso nel tronco di un albero per il maleficio di una strega e che per i servigi resigli egli infine rende libero, sia l’immagine dell’io umano. Ariele è anche, per i ragazzi, l’immagine di se stessi che, avendo scelto di seguire le indicazioni e la guida del loro maestro durante tutto il secondo settennio, ora si librano liberi nel mondo. Essi ritrovano se stessi nell’ultimo saluto tra i due personaggi del dramma di Shakespeare.  Ed anche chi non lo esprimerà con il linguaggio scritto, potrebbe esprimere tutto questo con uno sguardo prolungato ed intensissimo, interrompendo all’improvviso le prove del saluto tra Prospero e Ariele ed esclamando: “Già, perché dopo essi si lasciano!” E guarderà con un sguardo indimenticabile la sua maestra.

 

Qui, con queste riflessioni, siamo già entrati a parlare dell’ottava classe.

 

In ottava, nel periodo del compimento dei quattordici anni, si svolge il cambiamento che caratterizza il passaggio dal secondo al terzo settennio, quale ci indica Rudolf Steiner.

Egli dice: “ Come dobbiamo cercare nelle forze di crescita dei denti dunque nella testa umana, l’origine fisica del pensare che si emancipa poi attorno al settimo anno di vita e diventa animico, così dobbiamo cercare l’attività  della seconda forza animica dell’uomo, l’attività del sentire, in altre parti dell’organismo umano.

Il sentire si emancipa assai più tardi dalla corporeità dell’uomo, dall’organizzazione fisica, che non il pensare. Mentre ci occupiamo del bambino fra il settimo e il quattordicesimo anno, il suo sentire è in sostanza ancora congiunto intimamente con l’organizzazione fisica. Il pensare è già diventato libero, ma fra i sette e i quattordici anni, il sentire è ancora legato intimamente al corpo. Tutti i sentimenti di gioia, di dolore, di sofferenza che si presentano al fanciullo hanno ancora un’intensa correlazione fisica con la secrezione, con l’accelerazione o il rallentamento del sistema respiratorio. Proprio da tali fenomeni si può notare, se veramente si riesce a osservare il giovane fino a questo grado, come una grande trasformazione nel sentire si verifichi al momento in cui si presentano i sintomi esteriori che indicano questo cambiamento.”.

Vita spirituale del presente ed educazione, ed. Antroposofica Mi. 1984, pag.70

 E qualche passo più avanti: “Come quando il cambiamento dei denti, manifesta che si è conclusa, o sta per concludersi, l’organizzazione del corpo fisico del bambino, così il cambiamento di voce, che nei maschi è più evidente e che è segno di un’avvenuta modificazione della laringe, manifesta l’emancipazione del sentire. La testa, con il cambiamento dei denti, mostra la “liberazione del pensare”; il petto, sede dell’attività ritmica, mostra la “liberazione del sentire.”.

 

Il ragazzo di quattordici anni sente di avere un proprio destino personale da dover affrontare.

 Una volta un maestro, in una conferenza sull’adolescenza per i genitori della scuola, fece questo paragone. Egli disse che, come nel dramma di Shakespeare “La tempesta” i naufraghi dispersi vagano smarriti nell’isola misteriosa, in cui Prospero, che con le sue arti magiche aveva previsto e organizzato tutto e che conosce il destino di ciascuno, ora veglia su di loro, così a quattordici anni l’adolescente naufraga in questa tempesta dell’anima che si scatena nel momento del passaggio alla giovinezza e vi si smarrisce. L’adulto deve comprenderlo ed essere per lui come Prospero, che veglia su di lui per condurre tutto a buon fine con la sue “arti magiche”. E infatti il maestro che si lascia compenetrare di fantasia, che coltiva in sé il coraggio della verità e che affina il suo sentimento di animica responsabilità, agisce sui propri allievi in un certo senso come Prospero con le sue arti magiche.

In questo momento i giovani, nel loro intimo, sperano che vi sia per loro una persona di riferimento, anche quando il loro atteggiamento esteriore sembrerebbe richiedere l’opposto. E gli adulti devono poter corrispondere alle loro attese. I genitori devono comprendere questa tempesta, tenendosi pronti a colloquiare con i figli, tutte le volte che essi vorranno aprirsi e ciò spesso accade di notte!  Non si può stabilire a priori un dialogo, ma si deve essere sempre disponibili a parlare nei momenti in cui i ragazzi ne hanno bisogno. Essi devono essere ascoltati! Agli adulti, ora, sono indispensabili la prontezza di ascolto e la prontezza di consiglio, perché proprio quando nei giovani si fa più acuto il bisogno di libertà, cresce anche il desiderio di avere una guida. Gli adulti, genitori e maestri, non devono stancarli o annoiarli con ammonimenti e discorsi, né devono trattarli con rigidità, ma con fermezza colma d’amore, ravvivata da una buona dose di sorridente umorismo. Bisogna fare molta attenzione, poiché essi vivono una situazione drammatica e con facilità possono cadere nella ribellione.  

Questa tempesta dei quattordici anni, è prevista e preparata dallo stesso programma della scuola Waldorf, che fornisce l’“equipaggiamento” di cui il  giovane ha bisogno per uscire dal  “naufragio”.

A quattordici anni l’anima dell’adolescente è un‘anima romantica. Da uomo del Rinascimento egli ora diviene uomo del Romanticismo.

Per lui le figure ideali non coincidono più tanto con quelle dei grandi navigatori e dei grandi artisti rinascimentali, curiosi del mondo e abili investigatori e architetti della forma e del colore, quanto piuttosto con quelle degli uomini del Romanticismo, dei poeti che nutrirono il loro canto di forti e nobili sentimenti e degli eroi del Risorgimento, che non esitarono ad affrontare la lotta per la realizzazione dei loro elevati ideali di libertà. Un ideale di libertà che quegli uomini sentirono con uguale intensità per il proprio come per ogni altro popolo della terra.  L’anelito di libertà che ora si fa più urgente nell’animo del fanciullo di quattordici anni e che, se non ben compreso e guidato dall’adulto, può facilmente tradursi in ribellione, negazione di ogni valore e bellezza, è un anelito di grande purezza e di altrettanto grande responsabilità: quello che spinge ogni uomo ad un dato momento della sua crescita a voler essere egli stesso a governare la propria vita.

Bisogna dare alimento “sano” a questo ideale che nasce “sano” nel cuore di un adolescente ma che rischia di degenerare, se non ben identificato.

Per questo la storia e l’opera degli scrittori romantici, ovviamente di quelli tra i più adatti all’adolescenza, che tanto amore ebbero per le tradizioni e ne rispettarono i valori sui quali edificarono i nuovi ideali su cui incentrarono la loro vita, ben si addicano a questa età. Come anche quella degli uomini del Risorgimento, che con generoso ardore, nati in Polonia, combatterono in Italia, nati in Inghilterra, combattono in Grecia… Gli scrittori ritrovano la propria identità nella linea del tempo, nelle tradizioni, gli eroi trovano la propria identità nello spazio del mondo, si riconoscono in ogni altro uomo della Terra.

Così pure il racconto della vita di grandi musicisti si addice ai ragazzi di questa età, o quella di individualità che riuscirono a realizzare i propri ideali, quelli già sorti nella prima parte della vita, come, ad esempio la biografia dello Schliemann, l’archeologo che scoprì i luoghi in cui si svolse la guerra di Troia narrata da Omero nell’Iliade. Egli aveva coltivato questo ideale fin da piccolo, da quando il padre gli narrava le storie del grande poema greco. Non aveva i mezzi economici per potersi mantenere agli studi e dovette presto lavorare, però studiò il greco da solo, fu un autodidatta e, quando incontrò le persone che avrebbero finanziato la sua impresa, partì alla scoperta di Ilio! Diceva: “Quando un ideale nasce nella mia anima, devo vedere che anche altri hanno coltivato e realizzato grandi ideali!”.

I ragazzi di questa età devono vedere questo!

Il rischio è che negli adolescenti si formino falsi ideali; in questo la società non mette alcuna cura, anzi è stimolo all’errore! I pedagoghi, in famiglia e a scuola, devono vigilare affinché la società non sia più forte dei loro insegnamenti.

Invece per loro è necessario e salutare che abbiano molti esempi di figure che hanno realizzato nella vita i propri “buoni” ideali, così che possano pensarlo possibile per se stessi e su questo pensare costruire l’intima speranza e la fede.

In questa età il giovane si dibatte tra luce e tenebra, nel senso che egli vuole sperimentare e comprovare se la luce sia chiara anche nel buio. Perciò i moti di ribellione e contestazione, la ricerca d’indipendenza e la forte propensione ad imitare i modelli futili che la società gli offre; questi sono i segni del suo volersi sperimentare per poter ritrovare dentro di sé la chiarezza della luce.

In verità, egli sa che dietro a questa futilità c’è un “mistero”, a questo aspetto diciamo materialistico del mondo c’è un mistero da scoprire. Egli è un Faust, pronto ad attraversare anche esperienze pericolose, ad andare incontro al male, pur di trovare questo mistero, pur di trovare il Bene.

L’animo del quattordicenne è immerso nel clima di una sensibilità “romantica”, nel senso in cui Novalis stesso, collaboratore insieme ai fratelli Sclegel della rivista Sturm un Drang (Impeto ed Assalto) definiva il Romanticismo: “Romanticizzare significa dare all’ordinario un senso superiore, al quotidiano un’apparenza di mistero, al finito una sembianza d’infinito.”.

Gli stati malinconici e una certa inquietudine, il vagheggiamento di qualcosa che va oltre il quotidiano, qualcosa di immensamente grande e i moti improvvisi di ribellione trovano come un ristoro, un comporsi in forme di elegante brio, nell’umorismo e nello scherzo. Mai il maestro dovrebbe permettere che in una classe scompaia la gioia del riso e lo scherzo garbato e brillante. L’umorismo, costante presenza dello Spirito nella vita dell’uomo, deve essere sempre presente in classe proprio come  Steiner ci indica con la statua lignea del Goetheanum.

Compito molto importante del maestro, infatti, sin dalla prima classe ma ora quanto mai, è quello di saper dirigere la classe nell’alternanza di “riso e pianto”. Come un direttore d’orchestra, egli deve saper prestare orecchio alla voce di ogni singolo strumento, in questo caso presentire i sentimenti che si agitano nell’anima di ogni singolo allievo, e deve farli suonare, vibrare all’unisono evidenziando con arte ora l’uno ora l’altro in modo che si formi come una sinfonia, quella che canta nell’anima affollata di sentimenti dei ragazzi.

 Di quegli stessi ragazzi le cui voci, ora cambiate, se li si ascolta cantare il coro del Nabucco di Verdi, o altro di musica romantica, sotto la guida di  buoni maestri, ci trascinano con il loro canto in regioni superiori, mentre le loro voci, femminili e maschili, che ora giungono in modo distinto al nostro orecchio diventano un’unica voce che regala al nostro cuore un’emozione raramente così intensa e bella!

A noi ricambiare questo pregevole dono col dare “un senso superiore”al nostro educare, “una sembianza d’infinito”al nostro guidare il fanciullo nella sua crescita!

 

 

 

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Faccio seguire questo quadro sui tredici e quattordici anni da un componimento di un’allieva, dal quale traspare fin nello stile espressivo quello che attraversa l’anima di un ragazzo di questa età, specialmente nei giorni immediatamente precedenti alla fine del ciclo di otto anni.

 

 

 

Data…….

 

Caro diario,

 

ti sto scrivendo in un momento in cui mi sembra che si sia fermato il tempo: domani c’è l’addio alla nostra classe e dovrò salutare tutti miei compagni, e ora che con la mente e con il cuore sto rivivendo tanti momenti passati insieme ai miei amici di scuola, mi sembra di vivere in un altro mondo, dove tutto è possibile, dove il passato si mescola con il presente e le azioni vissute sono nuovamente ripercorribili con il pensiero.

In questo momento ritornano, riaffiorano, rinascono da me tanti ricordi passati, e mi accorgo che avrei potuto sbagliare molto meno in tante occasioni e allora vorrei tornare indietro per correggere gli errori fatti. E così mi immergo improvvisamente in un velo di malinconia, i miei occhi vedono pian piano appannato come se mi stessi addormentando, ma mi accorgo che sto piangendo: il momento di cui tanto temevo l’arrivo è arrivato! Ma, riflettendo, mi accorgo che non piango per paura né per dolore; i miei singhiozzi sommessi, volutamente trattenuti in una mia inconscia superficiale vanità, che quasi mi proibisce di piangere per malinconia, fanno sì che l’amaro del pianto rivenga inghiottito dentro di me, la disperazione quasi soffocata quasi soffocata dai miei inutili tentativi di spiegazione di una così improvvisa malinconia nel ricordare i momenti felici.

Ma nonostante il mio inutile tentativo di indifferenza, vengo trascinata dai pensieri in una sempre più profonda e lacerante malinconia.

Invano cerco ancora di sfuggirla, ma non mi accorgo che così facendo sto trasformando quella malinconia in una struggente angoscia…

Poi l’anima si rasserena; quasi come il mare dopo la “tempesta”, viene improvvisamente illuminata quella caotica oscurità che regnava dentro di me da un pensiero: la malinconia che m’aveva tormentato prima ora è per me portatrice di verità. Solo ora, prima dell’addio, comprendo tante cose che prima erano per me astratte, le parole che prima avevo reputato inutili, calpestate dai miei orgogliosi pregiudizi, ora mi giungono chiare, limpide,come se in me fosse avvenuto qualcosa, e ora, mi sento più umile, più semplice, più serena, più fiduciosa nel futuro… Come se il dolore che prima mi aveva assalito mi fosse servito per riflettere: questa esperienza si sta concludendo, ma ora, con la mente più limpida, riesco a vedere tutto sotto una luce nuova. Forse questo addio è salutare, forse per me è meglio concludere questa esperienza, perché questo giorno tanto paurosamente atteso è per me giorno di verità e di inizio di nuove scoperte.

Solo adesso, con la pioggia che batte sulla finestra e con la pace della sera riesco a dare ad ogni momento il suo vero valore, e la mia anima s’impregna più che mai di una serena e veritiera gratitudine.

                                                                                                       

                                                                                              ……………

 

 

 

© rosalia de vecchi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
A tredici anni, ormai, i ragazzi sono molto vicini ad un’altra svolta importante: quella del quattordicesimo anno, l’anno in cui si compirà il secondo settennio e il “sentire” si libererà dalla dipendenza dalla corporeità.
Momento, questo, in cui nel fanciullo avvengono trasformazioni di cui l’adulto deve tener conto e in base alle quali deve assumere ancora una volta un comportamento diverso nei suoi confronti, e, come sempre, pieno d’amore e di interiore comprensione.
A tredici anni, il ragazzo ha in sé il presagio del mutamento che gli farà ormai “definitivamente” abbandonare l’infanzia e che lo introdurrà “inesorabilmente” nel mondo.
Dalla nascita fino al compimento del secondo settennio il fanciullo, si può dire, non è ancora “sceso definitivamente” nell’incarnazione; ma con il compimento dei quattordici anni, egli si trova veramente per la prima volta, interamente, autonomamente, di fronte al proprio destino, quello che il karma gli ha preparato e ciò gli procura interiore sgomento. A tredici anni, egli ha già sentore di questo.
A tredici anni, l’adolescente vede il mondo “con occhi nuovi”. Come Giotto, tra gli artisti del suo tempo, vide il mondo in una maniera nuova, anticipando motivi che si sarebbero sviluppati nel Rinascimento, così ora l’adolescente comincia a sperimentare che il mondo è qualcosa di nuovo, qualcosa da scoprire, da conoscere in ognuno dei suoi molteplici e svariati aspetti. Egli, ormai è inserito nel processo che lo condurrà all’emancipazione del sentire, perciò scopre nella propria interiorità che i sensi assumono un significato nuovo. Un tempo, nella prima infanzia, essi erano il veicolo di una conoscenza che lo avrebbe condotto all’intelletto, ora essi lo conducono al sentimento! I sensi non sono più qualcosa che ci fa vedere, toccare, sentire…, ora essi diventano un veicolo per i sentimenti, i grandi sentimenti che sorgono nuovi e puri nell’anima.
Un tramonto, la luna rossa che s’innalza nel cielo, la vastità del mare … possono generare felicità nell’animo di un fanciullo di questa età e gli stessi possono farlo piombare in uno stato di triste malinconia, una malinconia persino disperata!
Occorre avere molta sensibilità nei confronti dei ragazzi di questa età. Essi vanno accompagnati con grande attenzione in questo valico!
C’è in essi come uno stupore, come un disorientamento interiore nello scoprirsi dotati di sensi così sensibili!
Il maestro, l’adulto in genere, deve aiutarli a comprendere che il mondo dei sensi è una base per comprendere il mondo, per questo deve farli lavorare in modo da penetrare coi sensi nelle cose e creare con esse. I lavori manuali che  si svolgono nelle scuole Waldorf sono importantissimi, poiché costruire una barca per poi andare in gita con la classe sul fiume, come ho visto fare in una settima classe della scuola di Chatou, o  mettere su le scene per lo spettacolo di fine anno, o coltivare la terra, magari trascorrendo un periodo in qualche fattoria …. o i maschi confezionarsi la propria camicia, o entrambi, maschi e femmine, la propria tunica di euritmia o i costumi per la messa in scena del proprio lavoro teatrale…. tutto questo, anche se il lavoro manuale è stato sempre praticato fin dall’asilo, genera nei ragazzi sicurezza: essi, ora, scoprono di possedere forze nuove che prima non affioravano alla loro coscienza. E questi sentimenti che li assalgono come onde maestose di un mare che si agita e si placa in ritmico movimento, il cui senso sfugge alla loro consapevolezza, si trasformano allora in entusiasmo per il fare e per il conoscere. L’acquisizione di competenze e di abilità genera nei ragazzi gioia e sicurezza.
  A questa età, qualche volta, nel canto, - il maestro lo rileva- la voce si vela di un sottile velo di malinconia, la malinconia che giace nei recessi dell’anima per quell’infanzia che si sta perdendo; a questa età riso e pianto si avvicendano in improvvisi “scoppi” per poi placarsi subito dopo e cedere l’uno all’altro umore in un quasi ritmico alternarsi. In una classe di ragazzi di tredici anni, se predomina il riso, l’allegria, ciò è segno di buona salute. Infatti, a tredici anni, i ragazzi sono “uomini del Rinascimento”, protesi verso l’esplorazione del vasto mondo tutto ancora da conoscere e pertanto colmi di curiosità e di ardimento, e, come tali, fiduciosi e allegri nella preparazione delle loro imprese. Per questo Steiner ha previsto per loro lo studio delle grandi scoperte geografiche e delle imprese degli uomini del Rinascimento e delle grandi personalità di questo periodo storico. Si potrebbe dire che in ogni singolo fanciullo di tredici anni ci sia un piccolo Pico della Mirandola, quel famoso e grande umanista che seppe ben esprimere il nuovo modo di pensare e di sentire del suo tempo, dicendo che l’uomo  è al centro del mondo in grado di affrontare con le sue forze il destino. E’, infatti, studiando la storia dei grandi uomini del quattrocento e del cinquecento che il fanciullo trasforma la sua più o meno latente o  manifesta sete di conoscenza in entusiasmo esplorativo per quello stesso mondo nel quale dovrà percorrere le vie che lo condurranno al compimento del proprio destino, poiché egli, che non ha ancora acquisito quelle forze sulle quali l’uomo dell’Umanesimo e del  Rinascimento ha fondato il suo destino di esploratore e di artista, trova proprio nel racconto delle biografie di questi grandi uomini che destano in lui tanta ammirazione il modello da cui trarre la fiducia per il proprio ingresso nel mondo. E, come nell’animo di uno degli uomini più rappresentativi del Quattrocento italiano e degli elevati ideali rinascimentali, Lorenzo il Magnifico, convivono la fiducia nelle proprie azioni e la sorridente allegria del vivere insieme con quel sottile ma pur persistente dubbio sul domani, così nel fanciullo di tredici anni convivono la spensierata allegria della giovinezza con la domanda sul proprio destino futuro.  C’è in lui questo sentimento “ del diman non v’è certezza” del Trionfo di Bacco e Arianna di Lorenzo. Solo che nel fanciullo di tredici anni esso anticipa il dubbio connesso con la domanda che a quattordici anni si farà chiara nella propria interiorità: sarà il mio futuro corrispondente a quanto mi è prescritto dal Karma?
 Il racconto delle biografie di grandi uomini è molto importante per i fanciulli di questa età: tra i tredici e i quattordici anni i ragazzi,infatti,  hanno bisogno di modelli tra i quali ciascuno poi sceglie il proprio, quello che gli si confà come punto di riferimento da seguire. E’ a questa età che cominciano a sorgere gli ideali ed è bene allora che i ragazzi ascoltino il racconto di biografie di grandi spiriti del pari di un Leonardo, di un Michelangelo, di un Beethoven… Anche nel disegno essi, tra la settima e l’ottava classe, eseguono copie di lavori dei grandi artisti del Rinascimento e in musica conoscono i grandi musicisti.
Ai ragazzi di tredici anni è da parlare ampiamente delle tante personalità del Rinascimento e presentare loro la storia, incentrandola sulle biografie, avvalendosi il maestro dei molti buoni scritti a disposizione, a cominciare dallo stesso Vasari (Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri
  Si deve loro parlare delle Scoperte Geografiche, di Enrico il Navigatore, il principe scienziato del Portogallo che fondò la scuola di Sagres sull’ultima propaggine occidentale europea, la cosiddetta “fine del mondo”, un luogo che persino per la sua stessa posizione geografica era volta verso l’ignoto oceano da esplorare. Sagres fu la prima vera e propria scuola di navigazione, che mise in atto il metodo investigativo moderno, il metodo scientifico; qui il principe radunò scienziati geografi matematici da ogni parte e insieme studiavano e preparavano i piani di navigazione ad ogni viaggio. Un capitolo di storia di rara importanza, attraverso il quale l’adolescente impara che  ogni tipo di esplorazione nella vita richiede previa seria preparazione. Anche l’adolescente, che tra non molto sarà lanciato nell’esplorazione del mondo, ora deve aver coscienza dell’importanza del suo prepararsi a ciò.
I tredici anni mostrano, si può dire,  una certa corrispondenza con l’ottavo anno. Allora, un anno dopo l’inizio del secondo settennio, il bambino nel suo cominciare a discendere dai mondi sublimi dello Spirito in quello terreno, aveva bisogno di essere interiormente rassicurato, attraverso il racconto delle vite dei santi cristiani, che il destino terreno dell’uomo può svolgersi in modo da non recidere gli intimi legami col mondo spirituale di provenienza di cui si può, invece, imprimere con le proprie azioni orma durevole qui sulla Terra. Ora, un anno prima della transizione dal secondo al terzo settennio, transizione che introdurrà il fanciullo nel mondo in cui dovrà muoversi con il sostegno delle proprie forze, all’adolescente viene narrata la vita di uomini del Rinascimento che, come ben ebbe a dire uno dei suoi massimi rappresentanti, Marsilio Ficino, sono stati posti nel mondo per poter foggiarsi liberamente con la propria virtù e il proprio valore il proprio destino.  E questa libertà di ascendere alle grandezze come di poter cadere nella miseria dell’avidità e del desiderio di potere si può vedere in alcuni di questi grandi uomini. Pensiamo ad esempio alla vita di Cristoforo Colombo, come essa si pone come esempio di tutto questo! In lui si trova la fiducia nel proprio pensiero: quando egli ebbe l’intuizione della rotondità della terra, ciò nacque come esperienza della propria anima. E in lui c’è la venerazione per la tradizione, che lo conduce a trovare fondamento al suo disegno nella lettura del quarto libro di Esdra apocrifo, in cui è detto che Dio, nella creazione, comandò alle acque di raccogliersi nella settima parte della Terra, prosciugando le altre sei. Da qui infatti egli dedusse che se solo un settimo del pianeta era occupato dalle acque, l’estensione dell’oceano doveva essere molto limitata.  E anche altre letture gli confermavano che la sua idea era giusta. In lui c’è la perseveranza: dieci anni di attesa, molte richieste di ascolto e di aiuto a sovrani di varie nazionalità, prima di veder accolta la sua proposta. In lui la fermezza e la lungimiranza del comandante che non si lascia turbare dai timori e dalle ansie dell’equipaggio. In lui tutta la grandezza di quel giovane uomo di quarant’anni, alto, magro, dal volto lungo, gli occhi azzurri e il naso aquilino, che, modesto, grave, affabile discreto, partiva per un lungo viaggio verso l’ignoto, unendo in sé i talenti dell’uomo medievale che continuava a credere nei significati occulti delle cose e quelli dell’uomo rinascimentale che una sete di conoscenza del nuovo attirava verso l’ignoto.
E, dopo aver raccontato, ispirandosi allo stesso Diario di bordo, tutte le peripezie dei suoi viaggi, i sentimenti alterni dell’equipaggio, l’avvistamento di quell’indimenticabile 12 ottobre del 1492, ecco poi il lento decadere della vecchiaia in cui lo spirito cede alla corruzione del denaro! E con la caduta nella morsa dell’avidità, la trasformazione che lo fa uomo senza più umana pietà.
 
E di figure del quattrocento e del cinquecento da presentare ai ragazzi di tredici anni ve ne sono veramente molte, tra uomini politici e studiosi e artisti. Anche le esperienze teatrali s’incentrano per lo più su queste figure. Si hanno vari testi a disposizione che si possono adattare ai ragazzi.
Per i ragazzi di questa età sono molto indicati anche alcuni racconti gialli. C’è in essi la ricerca della verità, l’investigazione dei fatti.
 Per i ragazzi di tredici anni assume un grande valore il linguaggio. Infatti, all’elemento grammaticale si aggiunge quello dello stile. Sempre, fin dall’asilo, il linguaggio è di fondamentale importanza. Per i piccoli semplice ma molto corretto. Poi sempre più vario, colorito, ricco, ben pronunciato ed elegante. L’educazione è connessa col genio del linguaggio. Il maestro su questo deve fare molta autoeducazione, perché da come egli usa il linguaggio derivano veramente molte cose per il bambino prima e per il giovane dopo.  Mai sciatteria, mai forme scorrette, sempre l’uso di una lingua volta a destare nell’animo dei fanciulli sentimenti e pensieri elevati, anche quando il linguaggio deve essere tecnico, anche tutte le volte che deve essere intriso di bonario ma acuto umorismo.
L’introduzione dello stile consente nella settima classe la conoscenza, sempre in modo umoristico, (cosa che accompagna sempre ogni insegnamento di grammatica) dei diversi stili secondo i quattro temperamenti e i ragazzi stessi vi si cimentano, con molto divertimento, aprendo nuovi varchi alla comprensione di sé e dell’altro.
Il linguaggio, intorno ai tredici e ai quattordici anni, specie per i più dotati, - e l’esserlo è cosa che ha la sua prima manifestazione a dieci anni – consente
di esprimere i nuovi sentimenti, come l’entusiasmo per uno spettacolo naturale, anche fosse un cielo grigio e tempestoso, o come il batticuore del primo amore, con quella sincerità e purezza dell’infanzia.  E all’infanzia si resta sempre legati, fino alla vecchiaia!
Se specialmente la si è vissuta bene essa è un rispecchiarsi della vita spirituale prima della nascita. Ed ora che si è vicini ad entrare nel terzo settennio si ha bisogno di sentire che nel nostro essere permane la continuità con i primi anni della nostra vita qui sulla Terra.
 L’insegnamento della chimica, introdotto per la prima volta a 13 anni, conduce i ragazzi attraverso gli esperimenti diretti a prendere coscienza dei processi di combustione del carbonio, dello zolfo e del fosforo e di come queste tre sostanze partecipino alla costituzione del nostro corpo: il fosforo nella sostanza nervosa e nelle ossa, il carbonio nel sangue, lo zolfo nel sistema digestivo. L’esperienza della combustione, con cui si apre l’epoca d’insegnamento della Chimica, genera una grande impressione nei tredicenni. Tutti assorti e in silenzio intorno ad un grande fuoco allestito all’aperto essi osservano le nuvole di fumo salire in alto e l’anidride carbonica che si vede in trasparenza mischiarsi all’aria e sentono gli odori della legna che brucia e ascoltano il crepitio e lo scoppiettare della legna che arde….. e i loro sensi sono tutti impegnati nell’esperienza percettiva del fenomeno. Poi, il giorno dopo, dopo aver visitato il mucchietto di cenere che giace lì abbandonato nel giardino e dato voce ciascuno alle proprie osservazioni, può succedere che qualcuno di loro dica:  “ Il fumo e l’acqua che  si liberano dal fuoco e salgono nel cielo mi hanno fatto pensare che sono come quando una persona fa un’esperienza, e la sa comprendere, allora qualcosa di questa esperienza sale in alto e va nel mondo dello Spirito e resta nell’eternità”.
 E’ molto toccante per un maestro sentire, negli intensi momenti di un colloquio con i propri allievi, osservazioni e riflessioni da cui egli stesso impara. Magari durante la gita dell’ottava, come quando, alla fine di una giornata di visite istruttive, ci si raduna insieme per la preghiera della buona notte e prima si parla un poco e ognuno che parla genera attorno a sé il vivente silenzio dell’ascolto!
Allora vi sarà qualcuno che dirà che la vita umana è come una sfera. Infatti, dalla lezione del primo giorno di scuola, il disegno della linea retta verticale, alla sfera, ultimo argomento di studio della Geometria solida, il fanciullo ha fatto un percorso molto importante, che gli ha consentito di prendere gradualmente coscienza della propria verticalità quale espressione dell’Io proprio e del proprio inserimento nel mondo, rappresentato dalla sfera che tutto comprende e in cui egli stesso è inserito con la propria verticalità.
Qualcun altro dirà: “Noi siamo il centro e l’esterno è come costruiamo la nostra vita attorno a noi .”. Altri: “Il centro siamo noi e che dobbiamo trovare una misura per percorrere la nostra vita e se è sempre la stessa misura si può fare un cerchio perfetto.”.
Un altro ancora aggiunge:  “Il centro può essere Dio ed ognuno deve trovare la misura adatta per avere il contatto, quello adatto a se stesso,  con il mondo spirituale.”.
 Oppure vi sarà qualche ragazza che in un componimento scritto parlerà della sua esperienza teatrale, avendo interpretato, alla fine del ciclo delle otto classi, il personaggio di Ariele, lo spiritello ai servigi di Prospero e infine reso libero. Rivelerà che, pur essendosi dapprima detta che interpretare Ariele non era cosa che la interessasse, tuttavia decise di interpretare “quel folletto scattante e minuto”; confesserà lo “sconforto” durante le prove di recitazione, essendosi sentita “impacciata e goffa” e ricorderà “con ogni senso” la “sera in cui s’incontrò con Ariele”, una “sera scura senza luna né astri” in cui mentre provava la parte, ad un tratto fu colta dalla “frenetica voglia di schiudere l’uscio” al folletto “come un bimbo da poco sorto ricerca la madre”. Ci renderà partecipi del suo “segreto”, scrivendo che questa recita non l’aveva fatta per i maestri o altri, nemmeno per la madre, ma solo per sé ed Ariele, “complici di un segreto”: quello che, prima di entrare in scena, lui aveva “posato la mano sulla sua spalla”, le aveva raccontato “tutto del suo io”, tutto quello che lei aveva cercato e che subito dopo erano un unico essere che parlava e si muoveva con passo “leggero e scattante”, di fronte al grande Prospero, “il più potente dei potenti” , “il buon padrone”. E infine concluderà
dicendo  che Ariele  sarà per lei, nella vita, lo spirito guida: “…l’aria per i miei polmoni, il sangue nelle mie vene. Indispensabile come il sole per il mattino.”.
Chi conosce l’opera di Shakespeare, può ben comprendere come ad una visione approfondita, il personaggio di Ariele, il folletto che Prospero, giunto nell’isola misteriosa, aveva trovato racchiuso nel tronco di un albero per il maleficio di una strega e che per i servigi resigli egli infine rende libero, sia l’immagine dell’io umano. Ariele è anche, per i ragazzi, l’immagine di se stessi che, avendo scelto di seguire le indicazioni e la guida del loro maestro durante tutto il secondo settennio, ora si librano liberi nel mondo. Essi ritrovano se stessi nell’ultimo saluto tra i due personaggi del dramma di Shakespeare.  Ed anche chi non lo esprimerà con il linguaggio scritto, potrebbe esprimere tutto questo con uno sguardo prolungato ed intensissimo, interrompendo all’improvviso le prove del saluto tra Prospero e Ariele ed esclamando: “Già, perché dopo essi si lasciano!” E guarderà con un sguardo indimenticabile la sua maestra.
 
Qui, con queste riflessioni, siamo già entrati a parlare dell’ottava classe.
 
In ottava, nel periodo del compimento dei quattordici anni, si svolge il cambiamento che caratterizza il passaggio dal secondo al terzo settennio, quale ci indica Rudolf Steiner.
Egli dice: “ Come dobbiamo cercare nelle forze di crescita dei denti dunque nella testa umana, l’origine fisica del pensare che si emancipa poi attorno al settimo anno di vita e diventa animico, così dobbiamo cercare l’attività  della seconda forza animica dell’uomo, l’attività del sentire, in altre parti dell’organismo umano.
Il sentire si emancipa assai più tardi dalla corporeità dell’uomo, dall’organizzazione fisica, che non il pensare. Mentre ci occupiamo del bambino fra il settimo e il quattordicesimo anno, il suo sentire è in sostanza ancora congiunto intimamente con l’organizzazione fisica. Il pensare è già diventato libero, ma fra i sette e i quattordici anni, il sentire è ancora legato intimamente al corpo. Tutti i sentimenti di gioia, di dolore, di sofferenza che si presentano al fanciullo hanno ancora un’intensa correlazione fisica con la secrezione, con l’accelerazione o il rallentamento del sistema respiratorio. Proprio da tali fenomeni si può notare, se veramente si riesce a osservare il giovane fino a questo grado, come una grande trasformazione nel sentire si verifichi al momento in cui si presentano i sintomi esteriori che indicano questo cambiamento.”.
Vita spirituale del presente ed educazione, ed. Antroposofica Mi. 1984, pag.70
 E qualche passo più avanti: “Come quando il cambiamento dei denti, manifesta che si è conclusa, o sta per concludersi, l’organizzazione del corpo fisico del bambino, così il cambiamento di voce, che nei maschi è più evidente e che è segno di un’avvenuta modificazione della laringe, manifesta l’emancipazione del sentire. La testa, con il cambiamento dei denti, mostra la “liberazione del pensare”; il petto, sede dell’attività ritmica, mostra la “liberazione del sentire.”.
 
Il ragazzo di quattordici anni sente di avere un proprio destino personale da dover affrontare.
 Una volta un maestro, in una conferenza sull’adolescenza per i genitori della scuola, fece questo paragone. Egli disse che, come nel dramma di Shakespeare “La tempesta” i naufraghi dispersi vagano smarriti nell’isola misteriosa, in cui Prospero, che con le sue arti magiche aveva previsto e organizzato tutto e che conosce il destino di ciascuno, ora veglia su di loro, così a quattordici anni l’adolescente naufraga in questa tempesta dell’anima che si scatena nel momento del passaggio alla giovinezza e vi si smarrisce. L’adulto deve comprenderlo ed essere per lui come Prospero, che veglia su di lui per condurre tutto a buon fine con la sue “arti magiche”. E infatti il maestro che si lascia compenetrare di fantasia, che coltiva in sé il coraggio della verità e che affina il suo sentimento di animica responsabilità, agisce sui propri allievi in un certo senso come Prospero con le sue arti magiche.
In questo momento i giovani, nel loro intimo, sperano che vi sia per loro una persona di riferimento, anche quando il loro atteggiamento esteriore sembrerebbe richiedere l’opposto. E gli adulti devono poter corrispondere alle loro attese. I genitori devono comprendere questa tempesta, tenendosi pronti a colloquiare con i figli, tutte le volte che essi vorranno aprirsi e ciò spesso accade di notte!  Non si può stabilire a priori un dialogo, ma si deve essere sempre disponibili a parlare nei momenti in cui i ragazzi ne hanno bisogno. Essi devono essere ascoltati! Agli adulti, ora, sono indispensabili la prontezza di ascolto e la prontezza di consiglio, perché proprio quando nei giovani si fa più acuto il bisogno di libertà, cresce anche il desiderio di avere una guida. Gli adulti, genitori e maestri, non devono stancarli o annoiarli con ammonimenti e discorsi, né devono trattarli con rigidità, ma con fermezza colma d’amore, ravvivata da una buona dose di sorridente umorismo. Bisogna fare molta attenzione, poiché essi vivono una situazione drammatica e con facilità possono cadere nella ribellione.  
Questa tempesta dei quattordici anni, è prevista e preparata dallo stesso programma della scuola Waldorf, che fornisce l’“equipaggiamento” di cui il  giovane ha bisogno per uscire dal  “naufragio”.
A quattordici anni l’anima dell’adolescente è un‘anima romantica. Da uomo del Rinascimento egli ora diviene uomo del Romanticismo.
Per lui le figure ideali non coincidono più tanto con quelle dei grandi navigatori e dei grandi artisti rinascimentali, curiosi del mondo e abili investigatori e architetti della forma e del colore, quanto piuttosto con quelle degli uomini del Romanticismo, dei poeti che nutrirono il loro canto di forti e nobili sentimenti e degli eroi del Risorgimento, che non esitarono ad affrontare la lotta per la realizzazione dei loro elevati ideali di libertà. Un ideale di libertà che quegli uomini sentirono con uguale intensità per il proprio come per ogni altro popolo della terra.  L’anelito di libertà che ora si fa più urgente nell’animo del fanciullo di quattordici anni e che, se non ben compreso e guidato dall’adulto, può facilmente tradursi in ribellione, negazione di ogni valore e bellezza, è un anelito di grande purezza e di altrettanto grande responsabilità: quello che spinge ogni uomo ad un dato momento della sua crescita a voler essere egli stesso a governare la propria vita.
Bisogna dare alimento “sano” a questo ideale che nasce “sano” nel cuore di un adolescente ma che rischia di degenerare, se non ben identificato.
Per questo la storia e l’opera degli scrittori romantici, ovviamente di quelli tra i più adatti all’adolescenza, che tanto amore ebbero per le tradizioni e ne rispettarono i valori sui quali edificarono i nuovi ideali su cui incentrarono la loro vita, ben si addicano a questa età. Come anche quella degli uomini del Risorgimento, che con generoso ardore, nati in Polonia, combatterono in Italia, nati in Inghilterra, combattono in Grecia… Gli scrittori ritrovano la propria identità nella linea del tempo, nelle tradizioni, gli eroi trovano la propria identità nello spazio del mondo, si riconoscono in ogni altro uomo della Terra.
Così pure il racconto della vita di grandi musicisti si addice ai ragazzi di questa età, o quella di individualità che riuscirono a realizzare i propri ideali, quelli già sorti nella prima parte della vita, come, ad esempio la biografia dello Schliemann, l’archeologo che scoprì i luoghi in cui si svolse la guerra di Troia narrata da Omero nell’Iliade. Egli aveva coltivato questo ideale fin da piccolo, da quando il padre gli narrava le storie del grande poema greco. Non aveva i mezzi economici per potersi mantenere agli studi e dovette presto lavorare, però studiò il greco da solo, fu un autodidatta e, quando incontrò le persone che avrebbero finanziato la sua impresa, partì alla scoperta di Ilio! Diceva: “Quando un ideale nasce nella mia anima, devo vedere che anche altri hanno coltivato e realizzato grandi ideali!”.
I ragazzi di questa età devono vedere questo!
Il rischio è che negli adolescenti si formino falsi ideali; in questo la società non mette alcuna cura, anzi è stimolo all’errore! I pedagoghi, in famiglia e a scuola, devono vigilare affinché la società non sia più forte dei loro insegnamenti.
Invece per loro è necessario e salutare che abbiano molti esempi di figure che hanno realizzato nella vita i propri “buoni” ideali, così che possano pensarlo possibile per se stessi e su questo pensare costruire l’intima speranza e la fede.
In questa età il giovane si dibatte tra luce e tenebra, nel senso che egli vuole sperimentare e comprovare se la luce sia chiara anche nel buio. Perciò i moti di ribellione e contestazione, la ricerca d’indipendenza e la forte propensione ad imitare i modelli futili che la società gli offre; questi sono i segni del suo volersi sperimentare per poter ritrovare dentro di sé la chiarezza della luce.
In verità, egli sa che dietro a questa futilità c’è un “mistero”, a questo aspetto diciamo materialistico del mondo c’è un mistero da scoprire. Egli è un Faust, pronto ad attraversare anche esperienze pericolose, ad andare incontro al male, pur di trovare questo mistero, pur di trovare il Bene.
L’animo del quattordicenne è immerso nel clima di una sensibilità “romantica”, nel senso in cui Novalis stesso, collaboratore insieme ai fratelli Sclegel della rivista Sturm un Drang (Impeto ed Assalto) definiva il Romanticismo: “Romanticizzare significa dare all’ordinario un senso superiore, al quotidiano un’apparenza di mistero, al finito una sembianza d’infinito.”.
Gli stati malinconici e una certa inquietudine, il vagheggiamento di qualcosa che va oltre il quotidiano, qualcosa di immensamente grande e i moti improvvisi di ribellione trovano come un ristoro, un comporsi in forme di elegante brio, nell’umorismo e nello scherzo. Mai il maestro dovrebbe permettere che in una classe scompaia la gioia del riso e lo scherzo garbato e brillante. L’umorismo, costante presenza dello Spirito nella vita dell’uomo, deve essere sempre presente in classe proprio come  Steiner ci indica con la statua lignea del Goetheanum.
Compito molto importante del maestro, infatti, sin dalla prima classe ma ora quanto mai, è quello di saper dirigere la classe nell’alternanza di “riso e pianto”. Come un direttore d’orchestra, egli deve saper prestare orecchio alla voce di ogni singolo strumento, in questo caso presentire i sentimenti che si agitano nell’anima di ogni singolo allievo, e deve farli suonare, vibrare all’unisono evidenziando con arte ora l’uno ora l’altro in modo che si formi come una sinfonia, quella che canta nell’anima affollata di sentimenti dei ragazzi.
 Di quegli stessi ragazzi le cui voci, ora cambiate, se li si ascolta cantare il coro del Nabucco di Verdi, o altro di musica romantica, sotto la guida di  buoni maestri, ci trascinano con il loro canto in regioni superiori, mentre le loro voci, femminili e maschili, che ora giungono in modo distinto al nostro orecchio diventano un’unica voce che regala al nostro cuore un’emozione raramente così intensa e bella!
A noi ricambiare questo pregevole dono col dare “un senso superiore”al nostro educare, “una sembianza d’infinito”al nostro guidare il fanciullo nella sua crescita!
 
 
 
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Faccio seguire questo quadro sui tredici e quattordici anni da un componimento di un’allieva, dal quale traspare fin nello stile espressivo quello che attraversa l’anima di un ragazzo di questa età, specialmente nei giorni immediatamente precedenti alla fine del ciclo di otto anni.
 
 
 
Data…….
 
Caro diario,
 
ti sto scrivendo in un momento in cui mi sembra che si sia fermato il tempo: domani c’è l’addio alla nostra classe e dovrò salutare tutti miei compagni, e ora che con la mente e con il cuore sto rivivendo tanti momenti passati insieme ai miei amici di scuola, mi sembra di vivere in un altro mondo, dove tutto è possibile, dove il passato si mescola con il presente e le azioni vissute sono nuovamente ripercorribili con il pensiero.
In questo momento ritornano, riaffiorano, rinascono da me tanti ricordi passati, e mi accorgo che avrei potuto sbagliare molto meno in tante occasioni e allora vorrei tornare indietro per correggere gli errori fatti. E così mi immergo improvvisamente in un velo di malinconia, i miei occhi vedono pian piano appannato come se mi stessi addormentando, ma mi accorgo che sto piangendo: il momento di cui tanto temevo l’arrivo è arrivato! Ma, riflettendo, mi accorgo che non piango per paura né per dolore; i miei singhiozzi sommessi, volutamente trattenuti in una mia inconscia superficiale vanità, che quasi mi proibisce di piangere per malinconia, fanno sì che l’amaro del pianto rivenga inghiottito dentro di me, la disperazione quasi soffocata quasi soffocata dai miei inutili tentativi di spiegazione di una così improvvisa malinconia nel ricordare i momenti felici.
Ma nonostante il mio inutile tentativo di indifferenza, vengo trascinata dai pensieri in una sempre più profonda e lacerante malinconia.
Invano cerco ancora di sfuggirla, ma non mi accorgo che così facendo sto trasformando quella malinconia in una struggente angoscia…
Poi l’anima si rasserena; quasi come il mare dopo la “tempesta”, viene improvvisamente illuminata quella caotica oscurità che regnava dentro di me da un pensiero: la malinconia che m’aveva tormentato prima ora è per me portatrice di verità. Solo ora, prima dell’addio, comprendo tante cose che prima erano per me astratte, le parole che prima avevo reputato inutili, calpestate dai miei orgogliosi pregiudizi, ora mi giungono chiare, limpide,come se in me fosse avvenuto qualcosa, e ora, mi sento più umile, più semplice, più serena, più fiduciosa nel futuro… Come se il dolore che prima mi aveva assalito mi fosse servito per riflettere: questa esperienza si sta concludendo, ma ora, con la mente più limpida, riesco a vedere tutto sotto una luce nuova. Forse questo addio è salutare, forse per me è meglio concludere questa esperienza, perché questo giorno tanto paurosamente atteso è per me giorno di verità e di inizio di nuove scoperte.
Solo adesso, con la pioggia che batte sulla finestra e con la pace della sera riesco a dare ad ogni momento il suo vero valore, e la mia anima s’impregna più che mai di una serena e veritiera gratitudine.
                                                                                                       
                                                                                              ……………
 
 
 
© rosalia de vecchi