A tredici anni, ormai, i ragazzi sono
molto vicini ad un’altra svolta importante: quella del quattordicesimo anno,
l’anno in cui si compirà il secondo settennio e il “sentire” si libererà dalla
dipendenza dalla corporeità.
Momento, questo, in cui nel fanciullo avvengono
trasformazioni di cui l’adulto deve tener conto e in base alle quali deve assumere
ancora una volta un comportamento diverso nei suoi confronti, e, come sempre,
pieno d’amore e di interiore comprensione.
A tredici anni, il ragazzo ha in sé il
presagio del mutamento che gli farà ormai “definitivamente” abbandonare
l’infanzia e che lo introdurrà “inesorabilmente” nel mondo.
Dalla nascita fino al compimento del secondo
settennio il fanciullo, si può dire, non è ancora “sceso definitivamente”
nell’incarnazione; ma con il compimento dei quattordici anni, egli si trova
veramente per la prima volta, interamente, autonomamente, di fronte al proprio
destino, quello che il karma gli ha preparato e ciò gli procura interiore
sgomento. A tredici anni, egli ha già sentore di questo.
A tredici anni, l’adolescente vede il mondo “con
occhi nuovi”. Come Giotto, tra gli artisti del suo tempo, vide il mondo in una
maniera nuova, anticipando motivi che si sarebbero sviluppati nel Rinascimento,
così ora l’adolescente comincia a sperimentare che il mondo è qualcosa di
nuovo, qualcosa da scoprire, da conoscere in ognuno dei suoi molteplici e
svariati aspetti. Egli, ormai è inserito nel processo che lo condurrà all’emancipazione
del sentire, perciò scopre nella propria interiorità che i sensi assumono un
significato nuovo. Un tempo, nella prima infanzia, essi erano il veicolo di
una conoscenza che lo avrebbe condotto all’intelletto, ora essi lo conducono al
sentimento! I sensi non sono più qualcosa che ci fa vedere, toccare,
sentire…, ora essi diventano un veicolo per i sentimenti, i grandi sentimenti
che sorgono nuovi e puri nell’anima.
Un tramonto, la luna rossa che s’innalza nel
cielo, la vastità del mare … possono generare felicità nell’animo di un
fanciullo di questa età e gli stessi possono farlo piombare in uno stato di
triste malinconia, una malinconia persino disperata!
Occorre avere molta sensibilità nei
confronti dei ragazzi di questa età. Essi vanno accompagnati con grande
attenzione in questo valico!
C’è in essi come uno stupore, come un disorientamento
interiore nello scoprirsi dotati di sensi così sensibili!
Il maestro, l’adulto in genere, deve
aiutarli a comprendere che il mondo dei sensi è una base per comprendere il
mondo, per questo deve farli lavorare in modo da penetrare coi sensi nelle cose
e creare con esse. I lavori manuali che
si svolgono nelle scuole Waldorf sono importantissimi, poiché costruire
una barca per poi andare in gita con la classe sul fiume, come ho visto fare in
una settima classe della scuola di Chatou, o
mettere su le scene per lo spettacolo di fine anno, o coltivare la
terra, magari trascorrendo un periodo in qualche fattoria …. o i maschi confezionarsi
la propria camicia, o entrambi, maschi e femmine, la propria tunica di euritmia
o i costumi per la messa in scena del proprio lavoro teatrale…. tutto questo,
anche se il lavoro manuale è stato sempre praticato fin dall’asilo, genera nei
ragazzi sicurezza: essi, ora, scoprono di possedere forze nuove che prima non
affioravano alla loro coscienza. E questi sentimenti che li assalgono come onde
maestose di un mare che si agita e si placa in ritmico movimento, il cui senso sfugge
alla loro consapevolezza, si trasformano allora in entusiasmo per il fare e per
il conoscere. L’acquisizione di competenze e di abilità genera nei ragazzi
gioia e sicurezza.
A questa
età, qualche volta, nel canto, - il maestro lo rileva- la voce si vela di un sottile
velo di malinconia, la malinconia che giace nei recessi dell’anima per quell’infanzia
che si sta perdendo; a questa età riso e pianto si avvicendano in improvvisi
“scoppi” per poi placarsi subito dopo e cedere l’uno all’altro umore in un
quasi ritmico alternarsi. In una classe di ragazzi di tredici anni, se
predomina il riso, l’allegria, ciò è segno di buona salute. Infatti, a tredici
anni, i ragazzi sono “uomini del Rinascimento”, protesi verso l’esplorazione
del vasto mondo tutto ancora da conoscere e pertanto colmi di curiosità e di
ardimento, e, come tali, fiduciosi e allegri nella preparazione delle loro
imprese. Per questo Steiner ha previsto per loro lo studio delle grandi
scoperte geografiche e delle imprese degli uomini del Rinascimento e delle
grandi personalità di questo periodo storico. Si potrebbe dire che in ogni singolo
fanciullo di tredici anni ci sia un piccolo Pico della Mirandola, quel famoso e
grande umanista che seppe ben esprimere il nuovo modo di pensare e di sentire
del suo tempo, dicendo che l’uomo è al
centro del mondo in grado di affrontare con le sue forze il destino. E’,
infatti, studiando la storia dei grandi uomini del quattrocento e del
cinquecento che il fanciullo trasforma la sua più o meno latente o manifesta sete di conoscenza in entusiasmo
esplorativo per quello stesso mondo nel quale dovrà percorrere le vie che
lo condurranno al compimento del proprio destino, poiché egli, che non ha
ancora acquisito quelle forze sulle quali l’uomo dell’Umanesimo e del Rinascimento ha fondato il suo destino di
esploratore e di artista, trova proprio nel racconto delle biografie di questi
grandi uomini che destano in lui tanta ammirazione il modello da cui trarre la
fiducia per il proprio ingresso nel mondo. E, come nell’animo di uno degli
uomini più rappresentativi del Quattrocento italiano e degli elevati ideali
rinascimentali, Lorenzo il Magnifico, convivono la fiducia nelle proprie azioni
e la sorridente allegria del vivere insieme con quel sottile ma pur persistente
dubbio sul domani, così nel fanciullo di tredici anni convivono la spensierata
allegria della giovinezza con la domanda sul proprio destino futuro. C’è in lui questo sentimento “ del diman non
v’è certezza” del Trionfo di Bacco e Arianna di Lorenzo. Solo che nel fanciullo
di tredici anni esso anticipa il dubbio connesso con la domanda che a
quattordici anni si farà chiara nella propria interiorità: sarà il mio futuro
corrispondente a quanto mi è prescritto dal Karma?
Il
racconto delle biografie di grandi uomini è molto importante per i fanciulli di
questa età: tra i tredici e i quattordici anni i ragazzi,infatti, hanno bisogno di modelli tra i quali ciascuno
poi sceglie il proprio, quello che gli si confà come punto di riferimento da
seguire. E’ a questa età che cominciano a sorgere gli ideali ed è bene allora che
i ragazzi ascoltino il racconto di biografie di grandi spiriti del pari di un
Leonardo, di un Michelangelo, di un Beethoven… Anche nel disegno essi, tra la
settima e l’ottava classe, eseguono copie di lavori dei grandi artisti del
Rinascimento e in musica conoscono i grandi musicisti.
Ai ragazzi di tredici anni è da parlare
ampiamente delle tante personalità del Rinascimento e presentare loro la
storia, incentrandola sulle biografie, avvalendosi il maestro dei molti buoni
scritti a disposizione, a cominciare dallo stesso Vasari (Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori
italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri
Si deve loro parlare delle Scoperte
Geografiche, di Enrico il Navigatore, il principe scienziato del Portogallo che
fondò la scuola di Sagres sull’ultima propaggine occidentale europea, la
cosiddetta “fine del mondo”, un luogo che persino per la sua stessa posizione
geografica era volta verso l’ignoto oceano da esplorare. Sagres fu la prima
vera e propria scuola di navigazione, che mise in atto il metodo investigativo
moderno, il metodo scientifico; qui il principe radunò scienziati geografi
matematici da ogni parte e insieme studiavano e preparavano i piani di
navigazione ad ogni viaggio. Un capitolo di storia di rara importanza,
attraverso il quale l’adolescente impara che ogni tipo di esplorazione nella vita richiede
previa seria preparazione. Anche l’adolescente, che tra non molto sarà lanciato
nell’esplorazione del mondo, ora deve aver coscienza dell’importanza del suo
prepararsi a ciò.
I tredici anni mostrano, si può dire, una certa corrispondenza con l’ottavo anno. Allora,
un anno dopo l’inizio del secondo settennio, il bambino nel suo cominciare a
discendere dai mondi sublimi dello Spirito in quello terreno, aveva bisogno di
essere interiormente rassicurato, attraverso il racconto delle vite dei santi
cristiani, che il destino terreno dell’uomo può svolgersi in modo da non
recidere gli intimi legami col mondo spirituale di provenienza di cui si può,
invece, imprimere con le proprie azioni orma durevole qui sulla Terra. Ora, un
anno prima della transizione dal secondo al terzo settennio, transizione che introdurrà
il fanciullo nel mondo in cui dovrà muoversi con il sostegno delle proprie
forze, all’adolescente viene narrata la vita di uomini del Rinascimento che,
come ben ebbe a dire uno dei suoi massimi rappresentanti, Marsilio Ficino, sono
stati posti nel mondo per poter foggiarsi liberamente con la propria virtù e il
proprio valore il proprio destino. E
questa libertà di ascendere alle grandezze come di poter cadere nella miseria
dell’avidità e del desiderio di potere si può vedere in alcuni di questi grandi
uomini. Pensiamo ad esempio alla vita di Cristoforo Colombo, come essa si pone
come esempio di tutto questo! In lui si trova la fiducia nel proprio pensiero:
quando egli ebbe l’intuizione della rotondità della terra, ciò nacque come
esperienza della propria anima. E in lui c’è la venerazione per la tradizione,
che lo conduce a trovare fondamento al suo disegno nella lettura del quarto
libro di Esdra apocrifo, in cui è detto che Dio, nella creazione, comandò alle
acque di raccogliersi nella settima parte della Terra, prosciugando le altre
sei. Da qui infatti egli dedusse che se solo un settimo del pianeta era
occupato dalle acque, l’estensione dell’oceano doveva essere molto
limitata. E anche altre letture gli
confermavano che la sua idea era giusta. In lui c’è la perseveranza: dieci anni
di attesa, molte richieste di ascolto e di aiuto a sovrani di varie
nazionalità, prima di veder accolta la sua proposta. In lui la fermezza e la
lungimiranza del comandante che non si lascia turbare dai timori e dalle ansie
dell’equipaggio. In lui tutta la grandezza di quel giovane uomo di
quarant’anni, alto, magro, dal volto lungo, gli occhi azzurri e il naso
aquilino, che, modesto, grave, affabile discreto, partiva per un lungo viaggio
verso l’ignoto, unendo in sé i talenti dell’uomo medievale che continuava a
credere nei significati occulti delle cose e quelli dell’uomo rinascimentale
che una sete di conoscenza del nuovo attirava verso l’ignoto.
E, dopo aver raccontato, ispirandosi allo
stesso Diario di bordo, tutte le peripezie dei suoi viaggi, i sentimenti
alterni dell’equipaggio, l’avvistamento di quell’indimenticabile 12 ottobre del
1492, ecco poi il lento decadere della vecchiaia in cui lo spirito cede alla
corruzione del denaro! E con la caduta nella morsa dell’avidità, la
trasformazione che lo fa uomo senza più umana pietà.
E di figure del quattrocento e del
cinquecento da presentare ai ragazzi di tredici anni ve ne sono veramente molte,
tra uomini politici e studiosi e artisti. Anche le esperienze teatrali s’incentrano
per lo più su queste figure. Si hanno vari testi a disposizione che si possono
adattare ai ragazzi.
Per i ragazzi di questa età sono molto
indicati anche alcuni racconti gialli. C’è in essi la ricerca della verità,
l’investigazione dei fatti.
Per i
ragazzi di tredici anni assume un grande valore il linguaggio. Infatti,
all’elemento grammaticale si aggiunge quello dello stile. Sempre, fin
dall’asilo, il linguaggio è di fondamentale importanza. Per i piccoli semplice
ma molto corretto. Poi sempre più vario, colorito, ricco, ben pronunciato ed
elegante. L’educazione è connessa col genio del linguaggio. Il maestro su
questo deve fare molta autoeducazione, perché da come egli usa il linguaggio
derivano veramente molte cose per il bambino prima e per il giovane dopo. Mai sciatteria, mai forme scorrette, sempre
l’uso di una lingua volta a destare nell’animo dei fanciulli sentimenti e
pensieri elevati, anche quando il linguaggio deve essere tecnico, anche tutte
le volte che deve essere intriso di bonario ma acuto umorismo.
L’introduzione dello stile consente nella
settima classe la conoscenza, sempre in modo umoristico, (cosa che accompagna
sempre ogni insegnamento di grammatica) dei diversi stili secondo i quattro
temperamenti e i ragazzi stessi vi si cimentano, con molto divertimento,
aprendo nuovi varchi alla comprensione di sé e dell’altro.
Il linguaggio, intorno ai tredici e ai
quattordici anni, specie per i più dotati, - e l’esserlo è cosa che ha la sua
prima manifestazione a dieci anni – consente
di esprimere i nuovi sentimenti, come
l’entusiasmo per uno spettacolo naturale, anche fosse un cielo grigio e
tempestoso, o come il batticuore del primo amore, con quella sincerità e
purezza dell’infanzia. E all’infanzia si
resta sempre legati, fino alla vecchiaia!
Se specialmente la si è vissuta bene essa è
un rispecchiarsi della vita spirituale prima della nascita. Ed ora che si è
vicini ad entrare nel terzo settennio si ha bisogno di sentire che nel nostro
essere permane la continuità con i primi anni della nostra vita qui sulla
Terra.
L’insegnamento della chimica, introdotto per
la prima volta a 13 anni, conduce i ragazzi attraverso gli esperimenti diretti
a prendere coscienza dei processi di combustione del carbonio, dello zolfo e
del fosforo e di come queste tre sostanze partecipino alla costituzione del
nostro corpo: il fosforo nella sostanza nervosa e nelle ossa, il carbonio nel
sangue, lo zolfo nel sistema digestivo. L’esperienza della combustione, con cui
si apre l’epoca d’insegnamento della Chimica, genera una grande impressione nei
tredicenni. Tutti assorti e in silenzio intorno ad un grande fuoco allestito
all’aperto essi osservano le nuvole di fumo salire in alto e l’anidride
carbonica che si vede in trasparenza mischiarsi all’aria e sentono gli odori
della legna che brucia e ascoltano il crepitio e lo scoppiettare della legna
che arde….. e i loro sensi sono tutti impegnati nell’esperienza percettiva del
fenomeno. Poi, il giorno dopo, dopo aver visitato il mucchietto di cenere che
giace lì abbandonato nel giardino e dato voce ciascuno alle proprie
osservazioni, può succedere che qualcuno di loro dica: “ Il fumo e l’acqua che si liberano dal fuoco e salgono nel cielo mi
hanno fatto pensare che sono come quando una persona fa un’esperienza, e la sa
comprendere, allora qualcosa di questa esperienza sale in alto e va nel mondo
dello Spirito e resta nell’eternità”.
E’
molto toccante per un maestro sentire, negli intensi momenti di un colloquio
con i propri allievi, osservazioni e riflessioni da cui egli stesso impara.
Magari durante la gita dell’ottava, come quando, alla fine di una
giornata di visite istruttive, ci si raduna insieme per la preghiera della
buona notte e prima si parla un poco e ognuno che parla genera attorno a sé il
vivente silenzio dell’ascolto!
Allora vi sarà qualcuno che dirà che la vita
umana è come una sfera. Infatti, dalla lezione del primo giorno di scuola, il
disegno della linea retta verticale, alla sfera, ultimo argomento di studio
della Geometria solida, il fanciullo ha fatto un percorso molto importante, che
gli ha consentito di prendere gradualmente coscienza della propria verticalità
quale espressione dell’Io proprio e del proprio inserimento nel mondo,
rappresentato dalla sfera che tutto comprende e in cui egli stesso è inserito
con la propria verticalità.
Qualcun altro dirà: “Noi siamo il centro e
l’esterno è come costruiamo la nostra vita attorno a noi .”. Altri: “Il centro
siamo noi e che dobbiamo trovare una misura per percorrere la nostra vita e se
è sempre la stessa misura si può fare un cerchio perfetto.”.
Un altro ancora aggiunge: “Il centro può essere Dio ed ognuno deve
trovare la misura adatta per avere il contatto, quello adatto a se stesso, con il mondo spirituale.”.
Oppure vi sarà qualche ragazza che in un
componimento scritto parlerà della sua esperienza teatrale, avendo
interpretato, alla fine del ciclo delle otto classi, il personaggio di Ariele,
lo spiritello ai servigi di Prospero e infine reso libero. Rivelerà che, pur
essendosi dapprima detta che interpretare Ariele non era cosa che la
interessasse, tuttavia decise di interpretare “quel folletto scattante e
minuto”; confesserà lo “sconforto” durante le prove di recitazione, essendosi
sentita “impacciata e goffa” e ricorderà “con ogni senso” la “sera in
cui s’incontrò con Ariele”, una “sera scura senza luna né astri” in cui mentre
provava la parte, ad un tratto fu colta dalla “frenetica voglia di schiudere
l’uscio” al folletto “come un bimbo da poco sorto ricerca la madre”. Ci renderà
partecipi del suo “segreto”, scrivendo che questa recita non l’aveva fatta per
i maestri o altri, nemmeno per la madre, ma solo per sé ed Ariele, “complici di
un segreto”: quello che, prima di entrare in scena, lui aveva “posato la mano
sulla sua spalla”, le aveva raccontato “tutto del suo io”, tutto quello che lei
aveva cercato e che subito dopo erano un unico essere che parlava e si muoveva
con passo “leggero e scattante”, di fronte al grande Prospero, “il più potente
dei potenti” , “il buon padrone”. E infine concluderà
dicendo che Ariele sarà per lei, nella vita, lo spirito guida:
“…l’aria per i miei polmoni, il sangue nelle mie vene. Indispensabile come il
sole per il mattino.”.
Chi conosce l’opera di Shakespeare, può ben
comprendere come ad una visione approfondita, il personaggio di Ariele, il
folletto che Prospero, giunto nell’isola misteriosa, aveva trovato racchiuso
nel tronco di un albero per il maleficio di una strega e che per i servigi
resigli egli infine rende libero, sia l’immagine dell’io umano. Ariele è anche,
per i ragazzi, l’immagine di se stessi che, avendo scelto di seguire le
indicazioni e la guida del loro maestro durante tutto il secondo settennio, ora
si librano liberi nel mondo. Essi ritrovano se stessi nell’ultimo saluto tra i
due personaggi del dramma di Shakespeare.
Ed anche chi non lo esprimerà con il linguaggio scritto, potrebbe
esprimere tutto questo con uno sguardo prolungato ed intensissimo,
interrompendo all’improvviso le prove del saluto tra Prospero e Ariele ed
esclamando: “Già, perché dopo essi si lasciano!” E guarderà con un sguardo
indimenticabile la sua maestra.
Qui, con queste riflessioni, siamo già entrati
a parlare dell’ottava classe.
In ottava, nel periodo del compimento dei quattordici
anni, si svolge il cambiamento che caratterizza il passaggio dal secondo al
terzo settennio, quale ci indica Rudolf Steiner.
Egli dice: “ Come dobbiamo cercare
nelle forze di crescita dei denti dunque nella testa umana, l’origine fisica
del pensare che si emancipa poi attorno al settimo anno di vita e diventa
animico, così dobbiamo cercare l’attività
della seconda forza animica dell’uomo, l’attività del sentire, in altre
parti dell’organismo umano.
Il sentire si emancipa assai più tardi dalla
corporeità dell’uomo, dall’organizzazione fisica, che non il pensare. Mentre ci
occupiamo del bambino fra il settimo e il quattordicesimo anno, il suo sentire
è in sostanza ancora congiunto intimamente con l’organizzazione fisica. Il
pensare è già diventato libero, ma fra i sette e i quattordici anni, il sentire
è ancora legato intimamente al corpo. Tutti i sentimenti di gioia, di dolore,
di sofferenza che si presentano al fanciullo hanno ancora un’intensa
correlazione fisica con la secrezione, con l’accelerazione o il rallentamento
del sistema respiratorio. Proprio da tali fenomeni si può notare, se veramente
si riesce a osservare il giovane fino a questo grado, come una grande
trasformazione nel sentire si verifichi al momento in cui si presentano i
sintomi esteriori che indicano questo cambiamento.”.
Vita spirituale del presente ed educazione,
ed. Antroposofica Mi. 1984, pag.70
E
qualche passo più avanti: “Come quando il cambiamento dei denti, manifesta che
si è conclusa, o sta per concludersi, l’organizzazione del corpo fisico del
bambino, così il cambiamento di voce, che nei maschi è più evidente e che è
segno di un’avvenuta modificazione della laringe, manifesta l’emancipazione del
sentire. La testa, con il cambiamento dei denti, mostra la “liberazione del
pensare”; il petto, sede dell’attività ritmica, mostra la “liberazione del
sentire.”.
Il ragazzo di quattordici anni sente di
avere un proprio destino personale da dover affrontare.
Una
volta un maestro, in una conferenza sull’adolescenza per i genitori della
scuola, fece questo paragone. Egli disse che, come nel dramma di Shakespeare
“La tempesta” i naufraghi dispersi vagano smarriti nell’isola misteriosa, in
cui Prospero, che con le sue arti magiche aveva previsto e organizzato tutto e
che conosce il destino di ciascuno, ora veglia su di loro, così a quattordici
anni l’adolescente naufraga in questa tempesta dell’anima che si scatena nel
momento del passaggio alla giovinezza e vi si smarrisce. L’adulto deve comprenderlo
ed essere per lui come Prospero, che veglia su di lui per condurre tutto a buon
fine con la sue “arti magiche”. E infatti il maestro che si lascia compenetrare
di fantasia, che coltiva in sé il coraggio della verità e che affina il suo
sentimento di animica responsabilità, agisce sui propri allievi in un certo
senso come Prospero con le sue arti magiche.
In questo momento i giovani, nel loro
intimo, sperano che vi sia per loro una persona di riferimento, anche quando il
loro atteggiamento esteriore sembrerebbe richiedere l’opposto. E gli adulti
devono poter corrispondere alle loro attese. I genitori devono comprendere
questa tempesta, tenendosi pronti a colloquiare con i figli, tutte le volte che
essi vorranno aprirsi e ciò spesso accade di notte! Non si può stabilire a priori un dialogo, ma
si deve essere sempre disponibili a parlare nei momenti in cui i ragazzi ne
hanno bisogno. Essi devono essere ascoltati! Agli adulti, ora, sono
indispensabili la prontezza di ascolto e la prontezza di consiglio, perché
proprio quando nei giovani si fa più acuto il bisogno di libertà, cresce anche
il desiderio di avere una guida. Gli adulti, genitori e maestri, non devono
stancarli o annoiarli con ammonimenti e discorsi, né devono trattarli con
rigidità, ma con fermezza colma d’amore, ravvivata da una buona dose di
sorridente umorismo. Bisogna fare molta attenzione, poiché essi vivono una
situazione drammatica e con facilità possono cadere nella ribellione.
Questa tempesta dei quattordici anni, è prevista
e preparata dallo stesso programma della scuola Waldorf, che fornisce
l’“equipaggiamento” di cui il giovane ha
bisogno per uscire dal “naufragio”.
A quattordici anni l’anima dell’adolescente
è un‘anima romantica. Da uomo del Rinascimento egli ora diviene uomo del
Romanticismo.
Per lui le figure ideali non coincidono più
tanto con quelle dei grandi navigatori e dei grandi artisti rinascimentali,
curiosi del mondo e abili investigatori e architetti della forma e del colore, quanto
piuttosto con quelle degli uomini del Romanticismo, dei poeti che nutrirono il
loro canto di forti e nobili sentimenti e degli eroi del Risorgimento, che non
esitarono ad affrontare la lotta per la realizzazione dei loro elevati ideali
di libertà. Un ideale di libertà che quegli uomini sentirono con uguale
intensità per il proprio come per ogni altro popolo della terra. L’anelito di libertà che ora si fa più urgente
nell’animo del fanciullo di quattordici anni e che, se non ben compreso e
guidato dall’adulto, può facilmente tradursi in ribellione, negazione di ogni
valore e bellezza, è un anelito di grande purezza e di altrettanto grande
responsabilità: quello che spinge ogni uomo ad un dato momento della sua
crescita a voler essere egli stesso a governare la propria vita.
Bisogna dare alimento “sano” a questo ideale
che nasce “sano” nel cuore di un adolescente ma che rischia di degenerare, se
non ben identificato.
Per questo la storia e l’opera degli
scrittori romantici, ovviamente di quelli tra i più adatti all’adolescenza, che
tanto amore ebbero per le tradizioni e ne rispettarono i valori sui quali
edificarono i nuovi ideali su cui incentrarono la loro vita, ben si addicano a
questa età. Come anche quella degli uomini del Risorgimento, che con generoso
ardore, nati in Polonia, combatterono in Italia, nati in Inghilterra,
combattono in Grecia… Gli scrittori ritrovano la propria identità nella linea
del tempo, nelle tradizioni, gli eroi trovano la propria identità nello spazio
del mondo, si riconoscono in ogni altro uomo della Terra.
Così pure il racconto della vita di grandi musicisti
si addice ai ragazzi di questa età, o quella di individualità che riuscirono a
realizzare i propri ideali, quelli già sorti nella prima parte della vita,
come, ad esempio la biografia dello Schliemann,
l’archeologo che scoprì i luoghi in cui si svolse la guerra di Troia narrata da
Omero nell’Iliade. Egli aveva coltivato questo ideale fin da piccolo, da quando
il padre gli narrava le storie del grande poema greco. Non aveva i mezzi
economici per potersi mantenere agli studi e dovette presto lavorare, però
studiò il greco da solo, fu un autodidatta e, quando incontrò le persone che
avrebbero finanziato la sua impresa, partì alla scoperta di Ilio! Diceva:
“Quando un ideale nasce nella mia anima, devo vedere che anche altri hanno
coltivato e realizzato grandi ideali!”.
I ragazzi di
questa età devono vedere questo!
Il rischio è che
negli adolescenti si formino falsi ideali; in questo la società non mette
alcuna cura, anzi è stimolo all’errore! I pedagoghi, in famiglia e a scuola, devono
vigilare affinché la società non sia più forte dei loro insegnamenti.
Invece per loro è
necessario e salutare che abbiano molti esempi di figure che hanno realizzato
nella vita i propri “buoni” ideali, così che possano pensarlo possibile per se
stessi e su questo pensare costruire l’intima speranza e la fede.
In questa età il
giovane si dibatte tra luce e tenebra, nel senso che egli vuole sperimentare e
comprovare se la luce sia chiara anche nel buio. Perciò i moti di ribellione e contestazione,
la ricerca d’indipendenza e la forte propensione ad imitare i modelli futili
che la società gli offre; questi sono i segni del suo volersi sperimentare per
poter ritrovare dentro di sé la chiarezza della luce.
In verità, egli
sa che dietro a questa futilità c’è un “mistero”, a questo aspetto diciamo
materialistico del mondo c’è un mistero da scoprire. Egli è un Faust, pronto ad
attraversare anche esperienze pericolose, ad andare incontro al male, pur di
trovare questo mistero, pur di trovare il Bene.
L’animo del quattordicenne è immerso nel
clima di una sensibilità “romantica”, nel senso in cui Novalis stesso,
collaboratore insieme ai fratelli Sclegel della rivista Sturm un Drang (Impeto
ed Assalto) definiva il Romanticismo: “Romanticizzare significa dare all’ordinario
un senso superiore, al quotidiano un’apparenza di mistero, al finito una
sembianza d’infinito.”.
Gli stati malinconici e una certa
inquietudine, il vagheggiamento di qualcosa che va oltre il quotidiano,
qualcosa di immensamente grande e i moti improvvisi di ribellione trovano come
un ristoro, un comporsi in forme di elegante brio, nell’umorismo e nello
scherzo. Mai il maestro dovrebbe permettere che in una classe scompaia la gioia
del riso e lo scherzo garbato e brillante. L’umorismo, costante presenza dello
Spirito nella vita dell’uomo, deve essere sempre presente in classe proprio
come Steiner ci indica con la statua
lignea del Goetheanum.
Compito molto importante del maestro,
infatti, sin dalla prima classe ma ora quanto mai, è quello di saper dirigere la
classe nell’alternanza di “riso e pianto”. Come un direttore d’orchestra, egli
deve saper prestare orecchio alla voce di ogni singolo strumento, in questo
caso presentire i sentimenti che si agitano nell’anima di ogni singolo allievo,
e deve farli suonare, vibrare all’unisono evidenziando con arte ora l’uno ora
l’altro in modo che si formi come una sinfonia, quella che canta nell’anima
affollata di sentimenti dei ragazzi.
Di quegli
stessi ragazzi le cui voci, ora cambiate, se li si ascolta cantare il coro del
Nabucco di Verdi, o altro di musica romantica, sotto la guida di buoni maestri, ci trascinano con il loro
canto in regioni superiori, mentre le loro voci, femminili e maschili, che ora
giungono in modo distinto al nostro orecchio diventano un’unica voce che regala
al nostro cuore un’emozione raramente così intensa e bella!
A noi ricambiare questo pregevole dono col
dare “un
senso superiore”al nostro educare, “una sembianza d’infinito”al nostro guidare il
fanciullo nella sua crescita!
♣▬♦♦▬♣▬♦♦▬♣
Faccio seguire questo quadro sui tredici e
quattordici anni da un componimento di un’allieva, dal quale traspare fin nello
stile espressivo quello che attraversa l’anima di un ragazzo di questa età,
specialmente nei giorni immediatamente precedenti alla fine del ciclo di otto
anni.
Data…….
Caro diario,
ti sto scrivendo in un momento in cui mi
sembra che si sia fermato il tempo: domani c’è l’addio alla nostra classe e
dovrò salutare tutti miei compagni, e ora che con la mente e con il cuore sto
rivivendo tanti momenti passati insieme ai miei amici di scuola, mi sembra di
vivere in un altro mondo, dove tutto è possibile, dove il passato si mescola
con il presente e le azioni vissute sono nuovamente ripercorribili con il
pensiero.
In questo momento ritornano, riaffiorano,
rinascono da me tanti ricordi passati, e mi accorgo che avrei potuto sbagliare
molto meno in tante occasioni e allora vorrei tornare indietro per correggere
gli errori fatti. E così mi immergo improvvisamente in un velo di malinconia, i
miei occhi vedono pian piano appannato come se mi stessi addormentando, ma mi
accorgo che sto piangendo: il momento di cui tanto temevo l’arrivo è arrivato!
Ma, riflettendo, mi accorgo che non piango per paura né per dolore; i miei
singhiozzi sommessi, volutamente trattenuti in una mia inconscia superficiale
vanità, che quasi mi proibisce di piangere per malinconia, fanno sì che l’amaro
del pianto rivenga inghiottito dentro di me, la disperazione quasi soffocata
quasi soffocata dai miei inutili tentativi di spiegazione di una così
improvvisa malinconia nel ricordare i momenti felici.
Ma nonostante il mio inutile tentativo di
indifferenza, vengo trascinata dai pensieri in una sempre più profonda e
lacerante malinconia.
Invano cerco ancora di sfuggirla, ma non mi
accorgo che così facendo sto trasformando quella malinconia in una struggente
angoscia…
Poi l’anima si rasserena; quasi come il mare
dopo la “tempesta”, viene improvvisamente illuminata quella caotica oscurità
che regnava dentro di me da un pensiero: la malinconia che m’aveva tormentato
prima ora è per me portatrice di verità. Solo ora, prima dell’addio, comprendo
tante cose che prima erano per me astratte, le parole che prima avevo reputato
inutili, calpestate dai miei orgogliosi pregiudizi, ora mi giungono chiare,
limpide,come se in me fosse avvenuto qualcosa, e ora, mi sento più umile, più
semplice, più serena, più fiduciosa nel futuro… Come se il dolore che prima mi
aveva assalito mi fosse servito per riflettere: questa esperienza si sta
concludendo, ma ora, con la mente più limpida, riesco a vedere tutto sotto una
luce nuova. Forse questo addio è salutare, forse per me è meglio concludere
questa esperienza, perché questo giorno tanto paurosamente atteso è per me
giorno di verità e di inizio di nuove scoperte.
Solo adesso, con la pioggia che batte sulla
finestra e con la pace della sera riesco a dare ad ogni momento il suo vero
valore, e la mia anima s’impregna più che mai di una serena e veritiera
gratitudine.
……………
© rosalia de vecchi
A tredici anni, ormai, i ragazzi sono
molto vicini ad un’altra svolta importante: quella del quattordicesimo anno,
l’anno in cui si compirà il secondo settennio e il “sentire” si libererà dalla
dipendenza dalla corporeità.
Momento, questo, in cui nel fanciullo avvengono
trasformazioni di cui l’adulto deve tener conto e in base alle quali deve assumere
ancora una volta un comportamento diverso nei suoi confronti, e, come sempre,
pieno d’amore e di interiore comprensione.
A tredici anni, il ragazzo ha in sé il
presagio del mutamento che gli farà ormai “definitivamente” abbandonare
l’infanzia e che lo introdurrà “inesorabilmente” nel mondo.
Dalla nascita fino al compimento del secondo
settennio il fanciullo, si può dire, non è ancora “sceso definitivamente”
nell’incarnazione; ma con il compimento dei quattordici anni, egli si trova
veramente per la prima volta, interamente, autonomamente, di fronte al proprio
destino, quello che il karma gli ha preparato e ciò gli procura interiore
sgomento. A tredici anni, egli ha già sentore di questo.
A tredici anni, l’adolescente vede il mondo “con
occhi nuovi”. Come Giotto, tra gli artisti del suo tempo, vide il mondo in una
maniera nuova, anticipando motivi che si sarebbero sviluppati nel Rinascimento,
così ora l’adolescente comincia a sperimentare che il mondo è qualcosa di
nuovo, qualcosa da scoprire, da conoscere in ognuno dei suoi molteplici e
svariati aspetti. Egli, ormai è inserito nel processo che lo condurrà all’emancipazione
del sentire, perciò scopre nella propria interiorità che i sensi assumono un
significato nuovo. Un tempo, nella prima infanzia, essi erano il veicolo di
una conoscenza che lo avrebbe condotto all’intelletto, ora essi lo conducono al
sentimento! I sensi non sono più qualcosa che ci fa vedere, toccare,
sentire…, ora essi diventano un veicolo per i sentimenti, i grandi sentimenti
che sorgono nuovi e puri nell’anima.
Un tramonto, la luna rossa che s’innalza nel
cielo, la vastità del mare … possono generare felicità nell’animo di un
fanciullo di questa età e gli stessi possono farlo piombare in uno stato di
triste malinconia, una malinconia persino disperata!
Occorre avere molta sensibilità nei
confronti dei ragazzi di questa età. Essi vanno accompagnati con grande
attenzione in questo valico!
C’è in essi come uno stupore, come un disorientamento
interiore nello scoprirsi dotati di sensi così sensibili!
Il maestro, l’adulto in genere, deve
aiutarli a comprendere che il mondo dei sensi è una base per comprendere il
mondo, per questo deve farli lavorare in modo da penetrare coi sensi nelle cose
e creare con esse. I lavori manuali che
si svolgono nelle scuole Waldorf sono importantissimi, poiché costruire
una barca per poi andare in gita con la classe sul fiume, come ho visto fare in
una settima classe della scuola di Chatou, o
mettere su le scene per lo spettacolo di fine anno, o coltivare la
terra, magari trascorrendo un periodo in qualche fattoria …. o i maschi confezionarsi
la propria camicia, o entrambi, maschi e femmine, la propria tunica di euritmia
o i costumi per la messa in scena del proprio lavoro teatrale…. tutto questo,
anche se il lavoro manuale è stato sempre praticato fin dall’asilo, genera nei
ragazzi sicurezza: essi, ora, scoprono di possedere forze nuove che prima non
affioravano alla loro coscienza. E questi sentimenti che li assalgono come onde
maestose di un mare che si agita e si placa in ritmico movimento, il cui senso sfugge
alla loro consapevolezza, si trasformano allora in entusiasmo per il fare e per
il conoscere. L’acquisizione di competenze e di abilità genera nei ragazzi
gioia e sicurezza.
A questa
età, qualche volta, nel canto, - il maestro lo rileva- la voce si vela di un sottile
velo di malinconia, la malinconia che giace nei recessi dell’anima per quell’infanzia
che si sta perdendo; a questa età riso e pianto si avvicendano in improvvisi
“scoppi” per poi placarsi subito dopo e cedere l’uno all’altro umore in un
quasi ritmico alternarsi. In una classe di ragazzi di tredici anni, se
predomina il riso, l’allegria, ciò è segno di buona salute. Infatti, a tredici
anni, i ragazzi sono “uomini del Rinascimento”, protesi verso l’esplorazione
del vasto mondo tutto ancora da conoscere e pertanto colmi di curiosità e di
ardimento, e, come tali, fiduciosi e allegri nella preparazione delle loro
imprese. Per questo Steiner ha previsto per loro lo studio delle grandi
scoperte geografiche e delle imprese degli uomini del Rinascimento e delle
grandi personalità di questo periodo storico. Si potrebbe dire che in ogni singolo
fanciullo di tredici anni ci sia un piccolo Pico della Mirandola, quel famoso e
grande umanista che seppe ben esprimere il nuovo modo di pensare e di sentire
del suo tempo, dicendo che l’uomo è al
centro del mondo in grado di affrontare con le sue forze il destino. E’,
infatti, studiando la storia dei grandi uomini del quattrocento e del
cinquecento che il fanciullo trasforma la sua più o meno latente o manifesta sete di conoscenza in entusiasmo
esplorativo per quello stesso mondo nel quale dovrà percorrere le vie che
lo condurranno al compimento del proprio destino, poiché egli, che non ha
ancora acquisito quelle forze sulle quali l’uomo dell’Umanesimo e del Rinascimento ha fondato il suo destino di
esploratore e di artista, trova proprio nel racconto delle biografie di questi
grandi uomini che destano in lui tanta ammirazione il modello da cui trarre la
fiducia per il proprio ingresso nel mondo. E, come nell’animo di uno degli
uomini più rappresentativi del Quattrocento italiano e degli elevati ideali
rinascimentali, Lorenzo il Magnifico, convivono la fiducia nelle proprie azioni
e la sorridente allegria del vivere insieme con quel sottile ma pur persistente
dubbio sul domani, così nel fanciullo di tredici anni convivono la spensierata
allegria della giovinezza con la domanda sul proprio destino futuro. C’è in lui questo sentimento “ del diman non
v’è certezza” del Trionfo di Bacco e Arianna di Lorenzo. Solo che nel fanciullo
di tredici anni esso anticipa il dubbio connesso con la domanda che a
quattordici anni si farà chiara nella propria interiorità: sarà il mio futuro
corrispondente a quanto mi è prescritto dal Karma?
Il
racconto delle biografie di grandi uomini è molto importante per i fanciulli di
questa età: tra i tredici e i quattordici anni i ragazzi,infatti, hanno bisogno di modelli tra i quali ciascuno
poi sceglie il proprio, quello che gli si confà come punto di riferimento da
seguire. E’ a questa età che cominciano a sorgere gli ideali ed è bene allora che
i ragazzi ascoltino il racconto di biografie di grandi spiriti del pari di un
Leonardo, di un Michelangelo, di un Beethoven… Anche nel disegno essi, tra la
settima e l’ottava classe, eseguono copie di lavori dei grandi artisti del
Rinascimento e in musica conoscono i grandi musicisti.
Ai ragazzi di tredici anni è da parlare
ampiamente delle tante personalità del Rinascimento e presentare loro la
storia, incentrandola sulle biografie, avvalendosi il maestro dei molti buoni
scritti a disposizione, a cominciare dallo stesso Vasari (Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori
italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri
Si deve loro parlare delle Scoperte
Geografiche, di Enrico il Navigatore, il principe scienziato del Portogallo che
fondò la scuola di Sagres sull’ultima propaggine occidentale europea, la
cosiddetta “fine del mondo”, un luogo che persino per la sua stessa posizione
geografica era volta verso l’ignoto oceano da esplorare. Sagres fu la prima
vera e propria scuola di navigazione, che mise in atto il metodo investigativo
moderno, il metodo scientifico; qui il principe radunò scienziati geografi
matematici da ogni parte e insieme studiavano e preparavano i piani di
navigazione ad ogni viaggio. Un capitolo di storia di rara importanza,
attraverso il quale l’adolescente impara che ogni tipo di esplorazione nella vita richiede
previa seria preparazione. Anche l’adolescente, che tra non molto sarà lanciato
nell’esplorazione del mondo, ora deve aver coscienza dell’importanza del suo
prepararsi a ciò.
I tredici anni mostrano, si può dire, una certa corrispondenza con l’ottavo anno. Allora,
un anno dopo l’inizio del secondo settennio, il bambino nel suo cominciare a
discendere dai mondi sublimi dello Spirito in quello terreno, aveva bisogno di
essere interiormente rassicurato, attraverso il racconto delle vite dei santi
cristiani, che il destino terreno dell’uomo può svolgersi in modo da non
recidere gli intimi legami col mondo spirituale di provenienza di cui si può,
invece, imprimere con le proprie azioni orma durevole qui sulla Terra. Ora, un
anno prima della transizione dal secondo al terzo settennio, transizione che introdurrà
il fanciullo nel mondo in cui dovrà muoversi con il sostegno delle proprie
forze, all’adolescente viene narrata la vita di uomini del Rinascimento che,
come ben ebbe a dire uno dei suoi massimi rappresentanti, Marsilio Ficino, sono
stati posti nel mondo per poter foggiarsi liberamente con la propria virtù e il
proprio valore il proprio destino. E
questa libertà di ascendere alle grandezze come di poter cadere nella miseria
dell’avidità e del desiderio di potere si può vedere in alcuni di questi grandi
uomini. Pensiamo ad esempio alla vita di Cristoforo Colombo, come essa si pone
come esempio di tutto questo! In lui si trova la fiducia nel proprio pensiero:
quando egli ebbe l’intuizione della rotondità della terra, ciò nacque come
esperienza della propria anima. E in lui c’è la venerazione per la tradizione,
che lo conduce a trovare fondamento al suo disegno nella lettura del quarto
libro di Esdra apocrifo, in cui è detto che Dio, nella creazione, comandò alle
acque di raccogliersi nella settima parte della Terra, prosciugando le altre
sei. Da qui infatti egli dedusse che se solo un settimo del pianeta era
occupato dalle acque, l’estensione dell’oceano doveva essere molto
limitata. E anche altre letture gli
confermavano che la sua idea era giusta. In lui c’è la perseveranza: dieci anni
di attesa, molte richieste di ascolto e di aiuto a sovrani di varie
nazionalità, prima di veder accolta la sua proposta. In lui la fermezza e la
lungimiranza del comandante che non si lascia turbare dai timori e dalle ansie
dell’equipaggio. In lui tutta la grandezza di quel giovane uomo di
quarant’anni, alto, magro, dal volto lungo, gli occhi azzurri e il naso
aquilino, che, modesto, grave, affabile discreto, partiva per un lungo viaggio
verso l’ignoto, unendo in sé i talenti dell’uomo medievale che continuava a
credere nei significati occulti delle cose e quelli dell’uomo rinascimentale
che una sete di conoscenza del nuovo attirava verso l’ignoto.
E, dopo aver raccontato, ispirandosi allo
stesso Diario di bordo, tutte le peripezie dei suoi viaggi, i sentimenti
alterni dell’equipaggio, l’avvistamento di quell’indimenticabile 12 ottobre del
1492, ecco poi il lento decadere della vecchiaia in cui lo spirito cede alla
corruzione del denaro! E con la caduta nella morsa dell’avidità, la
trasformazione che lo fa uomo senza più umana pietà.
E di figure del quattrocento e del
cinquecento da presentare ai ragazzi di tredici anni ve ne sono veramente molte,
tra uomini politici e studiosi e artisti. Anche le esperienze teatrali s’incentrano
per lo più su queste figure. Si hanno vari testi a disposizione che si possono
adattare ai ragazzi.
Per i ragazzi di questa età sono molto
indicati anche alcuni racconti gialli. C’è in essi la ricerca della verità,
l’investigazione dei fatti.
Per i
ragazzi di tredici anni assume un grande valore il linguaggio. Infatti,
all’elemento grammaticale si aggiunge quello dello stile. Sempre, fin
dall’asilo, il linguaggio è di fondamentale importanza. Per i piccoli semplice
ma molto corretto. Poi sempre più vario, colorito, ricco, ben pronunciato ed
elegante. L’educazione è connessa col genio del linguaggio. Il maestro su
questo deve fare molta autoeducazione, perché da come egli usa il linguaggio
derivano veramente molte cose per il bambino prima e per il giovane dopo. Mai sciatteria, mai forme scorrette, sempre
l’uso di una lingua volta a destare nell’animo dei fanciulli sentimenti e
pensieri elevati, anche quando il linguaggio deve essere tecnico, anche tutte
le volte che deve essere intriso di bonario ma acuto umorismo.
L’introduzione dello stile consente nella
settima classe la conoscenza, sempre in modo umoristico, (cosa che accompagna
sempre ogni insegnamento di grammatica) dei diversi stili secondo i quattro
temperamenti e i ragazzi stessi vi si cimentano, con molto divertimento,
aprendo nuovi varchi alla comprensione di sé e dell’altro.
Il linguaggio, intorno ai tredici e ai
quattordici anni, specie per i più dotati, - e l’esserlo è cosa che ha la sua
prima manifestazione a dieci anni – consente
di esprimere i nuovi sentimenti, come
l’entusiasmo per uno spettacolo naturale, anche fosse un cielo grigio e
tempestoso, o come il batticuore del primo amore, con quella sincerità e
purezza dell’infanzia. E all’infanzia si
resta sempre legati, fino alla vecchiaia!
Se specialmente la si è vissuta bene essa è
un rispecchiarsi della vita spirituale prima della nascita. Ed ora che si è
vicini ad entrare nel terzo settennio si ha bisogno di sentire che nel nostro
essere permane la continuità con i primi anni della nostra vita qui sulla
Terra.
L’insegnamento della chimica, introdotto per
la prima volta a 13 anni, conduce i ragazzi attraverso gli esperimenti diretti
a prendere coscienza dei processi di combustione del carbonio, dello zolfo e
del fosforo e di come queste tre sostanze partecipino alla costituzione del
nostro corpo: il fosforo nella sostanza nervosa e nelle ossa, il carbonio nel
sangue, lo zolfo nel sistema digestivo. L’esperienza della combustione, con cui
si apre l’epoca d’insegnamento della Chimica, genera una grande impressione nei
tredicenni. Tutti assorti e in silenzio intorno ad un grande fuoco allestito
all’aperto essi osservano le nuvole di fumo salire in alto e l’anidride
carbonica che si vede in trasparenza mischiarsi all’aria e sentono gli odori
della legna che brucia e ascoltano il crepitio e lo scoppiettare della legna
che arde….. e i loro sensi sono tutti impegnati nell’esperienza percettiva del
fenomeno. Poi, il giorno dopo, dopo aver visitato il mucchietto di cenere che
giace lì abbandonato nel giardino e dato voce ciascuno alle proprie
osservazioni, può succedere che qualcuno di loro dica: “ Il fumo e l’acqua che si liberano dal fuoco e salgono nel cielo mi
hanno fatto pensare che sono come quando una persona fa un’esperienza, e la sa
comprendere, allora qualcosa di questa esperienza sale in alto e va nel mondo
dello Spirito e resta nell’eternità”.
E’
molto toccante per un maestro sentire, negli intensi momenti di un colloquio
con i propri allievi, osservazioni e riflessioni da cui egli stesso impara.
Magari durante la gita dell’ottava, come quando, alla fine di una
giornata di visite istruttive, ci si raduna insieme per la preghiera della
buona notte e prima si parla un poco e ognuno che parla genera attorno a sé il
vivente silenzio dell’ascolto!
Allora vi sarà qualcuno che dirà che la vita
umana è come una sfera. Infatti, dalla lezione del primo giorno di scuola, il
disegno della linea retta verticale, alla sfera, ultimo argomento di studio
della Geometria solida, il fanciullo ha fatto un percorso molto importante, che
gli ha consentito di prendere gradualmente coscienza della propria verticalità
quale espressione dell’Io proprio e del proprio inserimento nel mondo,
rappresentato dalla sfera che tutto comprende e in cui egli stesso è inserito
con la propria verticalità.
Qualcun altro dirà: “Noi siamo il centro e
l’esterno è come costruiamo la nostra vita attorno a noi .”. Altri: “Il centro
siamo noi e che dobbiamo trovare una misura per percorrere la nostra vita e se
è sempre la stessa misura si può fare un cerchio perfetto.”.
Un altro ancora aggiunge: “Il centro può essere Dio ed ognuno deve
trovare la misura adatta per avere il contatto, quello adatto a se stesso, con il mondo spirituale.”.
Oppure vi sarà qualche ragazza che in un
componimento scritto parlerà della sua esperienza teatrale, avendo
interpretato, alla fine del ciclo delle otto classi, il personaggio di Ariele,
lo spiritello ai servigi di Prospero e infine reso libero. Rivelerà che, pur
essendosi dapprima detta che interpretare Ariele non era cosa che la
interessasse, tuttavia decise di interpretare “quel folletto scattante e
minuto”; confesserà lo “sconforto” durante le prove di recitazione, essendosi
sentita “impacciata e goffa” e ricorderà “con ogni senso” la “sera in
cui s’incontrò con Ariele”, una “sera scura senza luna né astri” in cui mentre
provava la parte, ad un tratto fu colta dalla “frenetica voglia di schiudere
l’uscio” al folletto “come un bimbo da poco sorto ricerca la madre”. Ci renderà
partecipi del suo “segreto”, scrivendo che questa recita non l’aveva fatta per
i maestri o altri, nemmeno per la madre, ma solo per sé ed Ariele, “complici di
un segreto”: quello che, prima di entrare in scena, lui aveva “posato la mano
sulla sua spalla”, le aveva raccontato “tutto del suo io”, tutto quello che lei
aveva cercato e che subito dopo erano un unico essere che parlava e si muoveva
con passo “leggero e scattante”, di fronte al grande Prospero, “il più potente
dei potenti” , “il buon padrone”. E infine concluderà
dicendo che Ariele sarà per lei, nella vita, lo spirito guida:
“…l’aria per i miei polmoni, il sangue nelle mie vene. Indispensabile come il
sole per il mattino.”.
Chi conosce l’opera di Shakespeare, può ben
comprendere come ad una visione approfondita, il personaggio di Ariele, il
folletto che Prospero, giunto nell’isola misteriosa, aveva trovato racchiuso
nel tronco di un albero per il maleficio di una strega e che per i servigi
resigli egli infine rende libero, sia l’immagine dell’io umano. Ariele è anche,
per i ragazzi, l’immagine di se stessi che, avendo scelto di seguire le
indicazioni e la guida del loro maestro durante tutto il secondo settennio, ora
si librano liberi nel mondo. Essi ritrovano se stessi nell’ultimo saluto tra i
due personaggi del dramma di Shakespeare.
Ed anche chi non lo esprimerà con il linguaggio scritto, potrebbe
esprimere tutto questo con uno sguardo prolungato ed intensissimo,
interrompendo all’improvviso le prove del saluto tra Prospero e Ariele ed
esclamando: “Già, perché dopo essi si lasciano!” E guarderà con un sguardo
indimenticabile la sua maestra.
Qui, con queste riflessioni, siamo già entrati
a parlare dell’ottava classe.
In ottava, nel periodo del compimento dei quattordici
anni, si svolge il cambiamento che caratterizza il passaggio dal secondo al
terzo settennio, quale ci indica Rudolf Steiner.
Egli dice: “ Come dobbiamo cercare
nelle forze di crescita dei denti dunque nella testa umana, l’origine fisica
del pensare che si emancipa poi attorno al settimo anno di vita e diventa
animico, così dobbiamo cercare l’attività
della seconda forza animica dell’uomo, l’attività del sentire, in altre
parti dell’organismo umano.
Il sentire si emancipa assai più tardi dalla
corporeità dell’uomo, dall’organizzazione fisica, che non il pensare. Mentre ci
occupiamo del bambino fra il settimo e il quattordicesimo anno, il suo sentire
è in sostanza ancora congiunto intimamente con l’organizzazione fisica. Il
pensare è già diventato libero, ma fra i sette e i quattordici anni, il sentire
è ancora legato intimamente al corpo. Tutti i sentimenti di gioia, di dolore,
di sofferenza che si presentano al fanciullo hanno ancora un’intensa
correlazione fisica con la secrezione, con l’accelerazione o il rallentamento
del sistema respiratorio. Proprio da tali fenomeni si può notare, se veramente
si riesce a osservare il giovane fino a questo grado, come una grande
trasformazione nel sentire si verifichi al momento in cui si presentano i
sintomi esteriori che indicano questo cambiamento.”.
Vita spirituale del presente ed educazione,
ed. Antroposofica Mi. 1984, pag.70
E
qualche passo più avanti: “Come quando il cambiamento dei denti, manifesta che
si è conclusa, o sta per concludersi, l’organizzazione del corpo fisico del
bambino, così il cambiamento di voce, che nei maschi è più evidente e che è
segno di un’avvenuta modificazione della laringe, manifesta l’emancipazione del
sentire. La testa, con il cambiamento dei denti, mostra la “liberazione del
pensare”; il petto, sede dell’attività ritmica, mostra la “liberazione del
sentire.”.
Il ragazzo di quattordici anni sente di
avere un proprio destino personale da dover affrontare.
Una
volta un maestro, in una conferenza sull’adolescenza per i genitori della
scuola, fece questo paragone. Egli disse che, come nel dramma di Shakespeare
“La tempesta” i naufraghi dispersi vagano smarriti nell’isola misteriosa, in
cui Prospero, che con le sue arti magiche aveva previsto e organizzato tutto e
che conosce il destino di ciascuno, ora veglia su di loro, così a quattordici
anni l’adolescente naufraga in questa tempesta dell’anima che si scatena nel
momento del passaggio alla giovinezza e vi si smarrisce. L’adulto deve comprenderlo
ed essere per lui come Prospero, che veglia su di lui per condurre tutto a buon
fine con la sue “arti magiche”. E infatti il maestro che si lascia compenetrare
di fantasia, che coltiva in sé il coraggio della verità e che affina il suo
sentimento di animica responsabilità, agisce sui propri allievi in un certo
senso come Prospero con le sue arti magiche.
In questo momento i giovani, nel loro
intimo, sperano che vi sia per loro una persona di riferimento, anche quando il
loro atteggiamento esteriore sembrerebbe richiedere l’opposto. E gli adulti
devono poter corrispondere alle loro attese. I genitori devono comprendere
questa tempesta, tenendosi pronti a colloquiare con i figli, tutte le volte che
essi vorranno aprirsi e ciò spesso accade di notte! Non si può stabilire a priori un dialogo, ma
si deve essere sempre disponibili a parlare nei momenti in cui i ragazzi ne
hanno bisogno. Essi devono essere ascoltati! Agli adulti, ora, sono
indispensabili la prontezza di ascolto e la prontezza di consiglio, perché
proprio quando nei giovani si fa più acuto il bisogno di libertà, cresce anche
il desiderio di avere una guida. Gli adulti, genitori e maestri, non devono
stancarli o annoiarli con ammonimenti e discorsi, né devono trattarli con
rigidità, ma con fermezza colma d’amore, ravvivata da una buona dose di
sorridente umorismo. Bisogna fare molta attenzione, poiché essi vivono una
situazione drammatica e con facilità possono cadere nella ribellione.
Questa tempesta dei quattordici anni, è prevista
e preparata dallo stesso programma della scuola Waldorf, che fornisce
l’“equipaggiamento” di cui il giovane ha
bisogno per uscire dal “naufragio”.
A quattordici anni l’anima dell’adolescente
è un‘anima romantica. Da uomo del Rinascimento egli ora diviene uomo del
Romanticismo.
Per lui le figure ideali non coincidono più
tanto con quelle dei grandi navigatori e dei grandi artisti rinascimentali,
curiosi del mondo e abili investigatori e architetti della forma e del colore, quanto
piuttosto con quelle degli uomini del Romanticismo, dei poeti che nutrirono il
loro canto di forti e nobili sentimenti e degli eroi del Risorgimento, che non
esitarono ad affrontare la lotta per la realizzazione dei loro elevati ideali
di libertà. Un ideale di libertà che quegli uomini sentirono con uguale
intensità per il proprio come per ogni altro popolo della terra. L’anelito di libertà che ora si fa più urgente
nell’animo del fanciullo di quattordici anni e che, se non ben compreso e
guidato dall’adulto, può facilmente tradursi in ribellione, negazione di ogni
valore e bellezza, è un anelito di grande purezza e di altrettanto grande
responsabilità: quello che spinge ogni uomo ad un dato momento della sua
crescita a voler essere egli stesso a governare la propria vita.
Bisogna dare alimento “sano” a questo ideale
che nasce “sano” nel cuore di un adolescente ma che rischia di degenerare, se
non ben identificato.
Per questo la storia e l’opera degli
scrittori romantici, ovviamente di quelli tra i più adatti all’adolescenza, che
tanto amore ebbero per le tradizioni e ne rispettarono i valori sui quali
edificarono i nuovi ideali su cui incentrarono la loro vita, ben si addicano a
questa età. Come anche quella degli uomini del Risorgimento, che con generoso
ardore, nati in Polonia, combatterono in Italia, nati in Inghilterra,
combattono in Grecia… Gli scrittori ritrovano la propria identità nella linea
del tempo, nelle tradizioni, gli eroi trovano la propria identità nello spazio
del mondo, si riconoscono in ogni altro uomo della Terra.
Così pure il racconto della vita di grandi musicisti
si addice ai ragazzi di questa età, o quella di individualità che riuscirono a
realizzare i propri ideali, quelli già sorti nella prima parte della vita,
come, ad esempio la biografia dello Schliemann,
l’archeologo che scoprì i luoghi in cui si svolse la guerra di Troia narrata da
Omero nell’Iliade. Egli aveva coltivato questo ideale fin da piccolo, da quando
il padre gli narrava le storie del grande poema greco. Non aveva i mezzi
economici per potersi mantenere agli studi e dovette presto lavorare, però
studiò il greco da solo, fu un autodidatta e, quando incontrò le persone che
avrebbero finanziato la sua impresa, partì alla scoperta di Ilio! Diceva:
“Quando un ideale nasce nella mia anima, devo vedere che anche altri hanno
coltivato e realizzato grandi ideali!”.
I ragazzi di
questa età devono vedere questo!
Il rischio è che
negli adolescenti si formino falsi ideali; in questo la società non mette
alcuna cura, anzi è stimolo all’errore! I pedagoghi, in famiglia e a scuola, devono
vigilare affinché la società non sia più forte dei loro insegnamenti.
Invece per loro è
necessario e salutare che abbiano molti esempi di figure che hanno realizzato
nella vita i propri “buoni” ideali, così che possano pensarlo possibile per se
stessi e su questo pensare costruire l’intima speranza e la fede.
In questa età il
giovane si dibatte tra luce e tenebra, nel senso che egli vuole sperimentare e
comprovare se la luce sia chiara anche nel buio. Perciò i moti di ribellione e contestazione,
la ricerca d’indipendenza e la forte propensione ad imitare i modelli futili
che la società gli offre; questi sono i segni del suo volersi sperimentare per
poter ritrovare dentro di sé la chiarezza della luce.
In verità, egli
sa che dietro a questa futilità c’è un “mistero”, a questo aspetto diciamo
materialistico del mondo c’è un mistero da scoprire. Egli è un Faust, pronto ad
attraversare anche esperienze pericolose, ad andare incontro al male, pur di
trovare questo mistero, pur di trovare il Bene.
L’animo del quattordicenne è immerso nel
clima di una sensibilità “romantica”, nel senso in cui Novalis stesso,
collaboratore insieme ai fratelli Sclegel della rivista Sturm un Drang (Impeto
ed Assalto) definiva il Romanticismo: “Romanticizzare significa dare all’ordinario
un senso superiore, al quotidiano un’apparenza di mistero, al finito una
sembianza d’infinito.”.
Gli stati malinconici e una certa
inquietudine, il vagheggiamento di qualcosa che va oltre il quotidiano,
qualcosa di immensamente grande e i moti improvvisi di ribellione trovano come
un ristoro, un comporsi in forme di elegante brio, nell’umorismo e nello
scherzo. Mai il maestro dovrebbe permettere che in una classe scompaia la gioia
del riso e lo scherzo garbato e brillante. L’umorismo, costante presenza dello
Spirito nella vita dell’uomo, deve essere sempre presente in classe proprio
come Steiner ci indica con la statua
lignea del Goetheanum.
Compito molto importante del maestro,
infatti, sin dalla prima classe ma ora quanto mai, è quello di saper dirigere la
classe nell’alternanza di “riso e pianto”. Come un direttore d’orchestra, egli
deve saper prestare orecchio alla voce di ogni singolo strumento, in questo
caso presentire i sentimenti che si agitano nell’anima di ogni singolo allievo,
e deve farli suonare, vibrare all’unisono evidenziando con arte ora l’uno ora
l’altro in modo che si formi come una sinfonia, quella che canta nell’anima
affollata di sentimenti dei ragazzi.
Di quegli
stessi ragazzi le cui voci, ora cambiate, se li si ascolta cantare il coro del
Nabucco di Verdi, o altro di musica romantica, sotto la guida di buoni maestri, ci trascinano con il loro
canto in regioni superiori, mentre le loro voci, femminili e maschili, che ora
giungono in modo distinto al nostro orecchio diventano un’unica voce che regala
al nostro cuore un’emozione raramente così intensa e bella!
A noi ricambiare questo pregevole dono col
dare “un
senso superiore”al nostro educare, “una sembianza d’infinito”al nostro guidare il
fanciullo nella sua crescita!
♣▬♦♦▬♣▬♦♦▬♣
Faccio seguire questo quadro sui tredici e
quattordici anni da un componimento di un’allieva, dal quale traspare fin nello
stile espressivo quello che attraversa l’anima di un ragazzo di questa età,
specialmente nei giorni immediatamente precedenti alla fine del ciclo di otto
anni.
Data…….
Caro diario,
ti sto scrivendo in un momento in cui mi
sembra che si sia fermato il tempo: domani c’è l’addio alla nostra classe e
dovrò salutare tutti miei compagni, e ora che con la mente e con il cuore sto
rivivendo tanti momenti passati insieme ai miei amici di scuola, mi sembra di
vivere in un altro mondo, dove tutto è possibile, dove il passato si mescola
con il presente e le azioni vissute sono nuovamente ripercorribili con il
pensiero.
In questo momento ritornano, riaffiorano,
rinascono da me tanti ricordi passati, e mi accorgo che avrei potuto sbagliare
molto meno in tante occasioni e allora vorrei tornare indietro per correggere
gli errori fatti. E così mi immergo improvvisamente in un velo di malinconia, i
miei occhi vedono pian piano appannato come se mi stessi addormentando, ma mi
accorgo che sto piangendo: il momento di cui tanto temevo l’arrivo è arrivato!
Ma, riflettendo, mi accorgo che non piango per paura né per dolore; i miei
singhiozzi sommessi, volutamente trattenuti in una mia inconscia superficiale
vanità, che quasi mi proibisce di piangere per malinconia, fanno sì che l’amaro
del pianto rivenga inghiottito dentro di me, la disperazione quasi soffocata
quasi soffocata dai miei inutili tentativi di spiegazione di una così
improvvisa malinconia nel ricordare i momenti felici.
Ma nonostante il mio inutile tentativo di
indifferenza, vengo trascinata dai pensieri in una sempre più profonda e
lacerante malinconia.
Invano cerco ancora di sfuggirla, ma non mi
accorgo che così facendo sto trasformando quella malinconia in una struggente
angoscia…
Poi l’anima si rasserena; quasi come il mare
dopo la “tempesta”, viene improvvisamente illuminata quella caotica oscurità
che regnava dentro di me da un pensiero: la malinconia che m’aveva tormentato
prima ora è per me portatrice di verità. Solo ora, prima dell’addio, comprendo
tante cose che prima erano per me astratte, le parole che prima avevo reputato
inutili, calpestate dai miei orgogliosi pregiudizi, ora mi giungono chiare,
limpide,come se in me fosse avvenuto qualcosa, e ora, mi sento più umile, più
semplice, più serena, più fiduciosa nel futuro… Come se il dolore che prima mi
aveva assalito mi fosse servito per riflettere: questa esperienza si sta
concludendo, ma ora, con la mente più limpida, riesco a vedere tutto sotto una
luce nuova. Forse questo addio è salutare, forse per me è meglio concludere
questa esperienza, perché questo giorno tanto paurosamente atteso è per me
giorno di verità e di inizio di nuove scoperte.
Solo adesso, con la pioggia che batte sulla
finestra e con la pace della sera riesco a dare ad ogni momento il suo vero
valore, e la mia anima s’impregna più che mai di una serena e veritiera
gratitudine.
……………
© rosalia de vecchi