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La prima lezione di
scuola
Nella quarta
conferenza di “Arte dell’educazione II, Didattica, Rudolf Steiner dà delle indicazioni chiare
sulla prima ora di scuola, quella dell’ingresso del bambino alle elementari.
Anche se egli si esprime dicendo che
“naturalmente può dare solo alcune indicazioni generali”, questo passo tuttavia
appartiene senza dubbio a quel gruppo di pochi in cui Steiner fornisce tracce
precise ai maestri, alla cui libertà, compenetrata di Fantasia, di Verità e di
animico senso di Responsabilità, generalmente invece, lascia l’approfondimento
e la rielaborazione dei temi pedagogici, didattici e metodologici da lui individuati.
Qui, infatti,
occorre molta attenzione: l’esperienza vissuta dal bambino che varca la soglia
di un passaggio quale per lui non ve ne saranno più altri uguali è così
delicata e intensa da poter avere ripercussioni per tutta la vita. Il complesso
di emozioni che vive nell’animo del bambino richiede una dedizione del tutto
particolare da parte del maestro. In queste prime ore di scuola, il bambino,
non solo deve essere accolto con amore, rassicurato e introdotto alla gioia
dell’apprendere, ma deve anche ricevere impressioni che destino in lui venerazione
e rispetto verso la conoscenza e la cultura.
“Nessun insegnamento segue la giusta corrente
se non accompagnato da una certa devozione verso la generazione precedente.”. (“Arte
dell’educazione II, Didattica, conferenza del 25 agosto 1919, Stoccarda).
Chi
ha esperienza di vari tipi di realtà scolastiche può ben comprendere questo
punto essenziale dell’intera azione pedagogica: al suo occhio abituato a
rilevare le connessioni tra i diversi comportamenti dei bambini e l’azione
pedagogica su di essi svolta, non sfugge il grande divario esistente tra quelli
che conservano nella loro interiorità tale rispetto e quelli che invece l’hanno
perduto. L’entità e il valore delle conseguenze di questa perdita variano di
grado secondo i casi; esse non soltanto si ripercuotono sulla vita individuale
ma anche determinano il modo in cui alcuni gruppi umani nella società si
pongono nei confronti dei propri impegni e nei confronti di una interpretazione
dei fatti del mondo. I bambini cui è
mancato da parte delle persone preposte alla loro educazione il sostegno relativo
al mantenimento in essi del rispetto verso la cultura e verso il passato,
nonostante l’errore umano, diventano poi adulti, come spesso se ne incontrano,
i quali, malgrado le loro potenziali belle qualità, indulgono facilmente nel
giudizio, spesso viziato dal “pregiudizio” e non sono né abituati né disposti a
caratterizzare i fatti, quando non cadono in una sorte di disperante deserto
interiore o di aggressivo dubitare su
qualsiasi cosa, tutto denigrando, tutto demolendo.
Una donna come Alda Merini, che poté
attingere, in virtù della sua”veggenza poetica”, alle zone del Vero, scrive:
A
tutti i giovani raccomando:
aprite i libri con religione,
non guardateli superficialmente,
perché in essi è racchiuso
il coraggio dei nostri padri.
E richiudeteli con dignità
quando dovete occuparvi di altre cose. ….
aprite i libri con religione,
non guardateli superficialmente,
perché in essi è racchiuso
il coraggio dei nostri padri.
E richiudeteli con dignità
quando dovete occuparvi di altre cose. ….
Steiner dice:
“Nessun insegnamento segue la giusta corrente
se non accompagnato da una certa devozione verso la generazione precedente. Per
quanto questo sentimento debba restare appena accennato, deve però essere
coltivato nel bambino con ogni mezzo, in modo che egli guardi con rispetto, con
stima a ciò che le generazioni passate hanno già conquistato, e che egli pure deve
conquistarsi per mezzo della scuola.”.
(“Arte dell’educazione II, Didattica,
conferenza del 25 agosto 1919, Stoccarda).
E’ di “straordinaria
importanza”, dice Steiner nella citata conferenza, ciò che i bambini
sperimentano durante questo primo approccio con la scuola. Ogni inizio, quello
di ogni anno scolastico, quello di un nuovo insegnamento, quello di un’epoca (ricordiamo
qui che nelle scuole Waldorf l’insegnamento avviene per epoche) è importante,
ma queste prime ore di tutta la “carriera scolastica” di un bambino sono
decisive per l’intero corso di studi e per la vita stessa.
Ai bambini che
vengono accolti in classe, ad un dato momento, si chiede: sapete voi perché
siete venuti a scuola? Ne segue una bel ventaglio di risposte: qualcuno
timidamente tace, qualcuno non sa e sorridendo si guarda intorno, qualcun altro
è già stato “informato”da adulti e ripete ciò che gli è stato detto, magari con
fare saputo e persino un po’ di sussiego o con grande entusiasmo sostenuto da
altrettanti grandi speranze, altri sono ancora imprigionati nella loro gabbia
di paura e di sospetto e continuano a chiedersi dove mai siano stati condotti
dai loro genitori, chi poi ha fratelli e sorelle più grandi si comporta come
vero esperto del caso… Non mancano i casi di bimbetti che rispondono dicendo di
essere venuti a scuola per fare il pompiere o il domatore di tigri o il dottore come papà o qualcos’altro come la
mamma…Qualcuno ha già un sogno nel cassetto.
Nel complesso
l’aspettativa è grandissima in ogni caso.
E’ giunto il momento.
Il maestro dice:
“ Voi dunque siete venuti a scuola, e io vi voglio dire perché siete venuti.
Voi siete venuti a
scuola perché dovete imparare alcune cose. Oggi non potete ancora avere l’idea
di tutto ciò che dovrete imparare a scuola, ma dovrete imparare davvero molte
cose. E perché le dovrete imparare? Ecco, voi conoscete gli adulti, i grandi, e
avete visto che essi sanno fare tante cose che voi non siete ancora capaci di
fare. E siete qui proprio per imparare a fare quello che fanno i grandi. Un
giorno saprete fare quello di cui ora non siete ancora capaci .”. (“Arte
dell’educazione II, Didattica, conferenza del 25 agosto 1919, Stoccarda).
Poi si
aggiunge: “Vedi,
i grandi hanno dei libri e sanno leggere; tu non sai ancora leggere, ma
imparerai; e quando saprai farlo potrai prendere in mano anche tu i libri e
imparare da essi quello che anche i grandi hanno imparato. I grandi sanno anche
scrivere delle lettere, possono fare annotazioni a proposito di ogni cosa. Un
giorno anche tu saprai scrivere delle lettere, perché imparerai non soltanto a
leggere ma anche a scrivere. E oltre che leggere e scrivere, i grandi sanno
anche far di conto. … Anche tu imparerai a contare.” .”. (“Arte
dell’educazione II, Didattica, conferenza del 25 agosto 1919, Stoccarda).
Questo discorso si può anche ampliare e far
sentire ai bambini l’importanza e la bellezza delle cose che impareranno e che
già i grandi sanno fare. E’ da evidenziare che Steiner, come si può rilevare dalle
parole qui riportate, fa convergere l’attenzione dei bambini su due elementi
intimamente connessi tra loro: la conoscenza e l’acquisizione di abilità.
Egli
poi aggiunge che questo discorso va ripetuto nei giorni seguenti varie volte,
poiché è bene nell’insegnamento portare sempre a coscienza quello che si fa. Un
grado di coscienza, certo, relativo alla situazione: ossia all’età del bambino
e a quello che fa.
Qui si può ben vedere come un insegnamento
che non vuol limitarsi ad istruire il bambino basandosi su una gran quantità di
nozioni, ma vuole condurlo a prendere gradualmente coscienza delle esperienze
conoscitive e della crescita delle proprie abilità, richiede quanto già detto
nei file precedenti: ossia una scelta di argomenti e di modi nel presentarli
che si adegui alle varie fasi di sviluppo del bambino.
Dopo si passa ad altro e si dice: “Osserva un po’ te
stesso; tu hai due mani, la destra e la sinistra, e le hai per lavorare; con
queste mani puoi fare di tutto:”. Si cerca dunque di portare a coscienza ciò
che un uomo è. Il bambino non deve limitarsi a sapere di avere due mani, ma
deve diventare cosciente di averle.”.
.”. (“Arte
dell’educazione II, Didattica, conferenza del 25 agosto 1919, Stoccarda).
E’ molto bello, poi, dopo questo piccolo
discorso, attirare l’attenzione dei bambini sulle mani, recitando insieme con
loro una filastrocca e parlando delle tante e varie cose che si fanno con le
mani. Allora essi stessi, solitamente, parlano delle mani della mamma che
accarezzano, lavano, preparano le cose buone da mangiare… e poi parlano di se
stessi, dei giochi in cui usano le mani… e… secondo le esperienze che ciascuno
ha, ricordano tante cose: con le mani si suona il pianoforte, si raccolgono i
fiori, si disegna, ecc… qualcuno racconta di quando una volta ha seminato dei
semini e poi nel vaso sono nati i fiori…
Questo parlare può servire anche, se il maestro ha mano attenta
e sensibile, a sciogliere i più timidi e a creare già le basi di una socialità
nella classe.
Possono accadere poi, un giorno, cose come
queste.
Dopo alcun tempo, in quarta classe, quando
il programma prevede il primo studio del corpo umano e di zoologia, accade
allora che qualcuno scriva in un suo elaborato qualcosa sulle mani, magari
anche, come scrisse una bambina una volta: “come avrebbero potuto ritrovare la
strada per il ritorno a casa Hansel e Gretel se non avessero potuto usare le
loro mani per distribuire i chicchetti durante il cammino?”
O
dopo molti anni, ormai divenute a loro volta madri di bambini di scuola
Waldorf, qualcuna delle ex allieve, improvvisamente, in chat, alla loro ex
maestra:
“ ( fa
il nome di una sua ex compagna di scuola) …. e'
diventata mamma di una splendida bambina:…. e sta sera sto lavorando a un
vestitino per lei, un po' ai ferri e un po' all'uncinetto, viola e verde.
Mentre vedo le mie mani lavorare mi tornano in mente le ore di lavoro manuale
passate insieme e mi vieni in mente tu e noi... e nel cuore vive la
riconoscenza...”
Poi, si passa alla prima lezione!
Una
lezione che richiede abilità manuale.
La linea retta verticale ! e la linea curva.
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Ed ecco finalmente la prima lezione!
Essa si svolge in un clima di intima
religiosità: il maestro è il “sacerdote” di questo “culto” e ogni singolo
bambino è esso stesso ministro della cerimonia. Il maestro, che per primo
traccia con gesto, direi, solenne la linea retta verticale, fa scorrere lentamente
il gesso sulla lavagna e il suo occhio guida la sua mano, come un capitano la
sua nave. I bambini osservano in silenzio e nulla sfugge loro del gesto “sacro”
compiuto dal maestro.
Essi poi, uno ad uno, vengono chiamati alla
lavagna e disegnano lentamente, molto lentamente, ciascuno la propria linea
verticale.
La si può, e solitamente si fa, far
tracciare precedentemente col gesto della mano nell’aria davanti a sé. Se ne
parla, infatti, prima del disegno, nei modi che ciascun maestro sceglie per il
gruppo di bambini che ha di fronte. Il maestro poi aiuta il bambino a compiere
il gesto mentre anche questo guida con l’occhio la sua mano. E’ incredibile
quanto silenzio regni nell’aula! Incredibile come ciascun bambino compia il suo
“rito” senza che nessun altro dei compagni si distragga! E soprattutto con quale interiore
partecipazione ciascuno disegni la sua linea retta verticale!
E’ come una comunione: il sacro gesto della
verticalità è il centro di questa comunione.
Una volta, essendo la lavagna appesa alla
parete dell’aula troppo in alto perché un bambino di sette anni vi potesse
agevolmente disegnare, una maestra preparò in anticipo una pedana di legno,
rivestita di moquette che, nel momento in cui toccò ai bambini cimentarsi nella
prova del disegno alla lavagna della linea retta verticale, posizionò sotto la
lavagna. Essi vi salirono uno per uno e veramente parve che si compisse una
cerimonia sacra!
Sacro gesto della mano infatti è quello che,
in un momento così
denso di emozioni ed aspettative, così
decisivo per il futuro, delinea una
prima presa di coscienza della presenza di un Io in ogni essere, dandone un’
immagine col disegno della linea retta verticale!
Questa prima lezione, ché il discorso sulle
mani è di preparazione, è paragonabile al gesto sacro della semina.
Il maestro dapprima e dopo ogni bambino, a
turno, assumono quella “maestà sacerdotale” che D’annunzio nella sua poesia I
seminatori dice hanno nel gesto i seminatori.
E infatti qui si semina: si getta il seme di
un progresso evolutivo che dovrà dare i suoi frutti in un tempo posteriore.
Al disegno della linea retta verticale si fa
poi seguire il disegno della linea
curva, seguendo le stesse modalità.
Concentrare l’attenzione dei bambini sulle
mani e dopo sulla linea retta verticale è un destare in ciascun uomo in
divenire un primo interiore impulso alla consapevolezza dei compiti che
spettano all’uomo, in quanto portatore di un Io superiore e in quanto dotato di
mani, con le quali può lavorare al bene del mondo.
Il lavoro manuale che ha tanta parte, per
maschi e per femmine in grado uguale, nella scuola Waldorf, non è solo attività
piacevole e rilassante o creativa e simile al gioco, ma è anche e soprattutto
un far lavorare le mani in modo intelligente e sensato e Steiner tante volte
mette l’accento sul fatto che nell’attività manuale risiede l’origine di un
sano pensiero: sviluppare un sensato lavoro con le mani è sviluppare un sano
pensare. Famosa infatti la sua
frase: chi volesse essere un filosofo, deve sapersi aggiustare un paio di
stivali.
Per questo, le mani di un bambino non
dovrebbero mai lavorare su cose senza senso, tanto per fare… ma soltanto su
cose intelligenti e buone. Oggi i bambini usano molto le mani, ma moltissime sono le cosette più o meno
graziose che si fa loro fare e nessuna di queste è utile alla formazione di un
sano pensiero!
Non è
l’agitare le mani, ma il muoverle con significato che fa la differenza!
Non a caso il primo gesto con le mani che
Steiner indica ai maestri di far fare ai piccoli è proprio l’espressione
dell’Io!!!
L’espressione dell’incarnazione.
Quando, infatti, il bambino, in quarta classe,
affronterà lo studio di antropologia, e subito dopo di zoologia, e farà
comparazioni tra l’uomo e gli animali, sarà condotto dal maestro ad osservare
come persino animali come il castoro, il grande architetto, e molti altri, in
cui gli arti si configurano in vario modo ma sempre secondo la Saggezza Divina,
non posseggono la libertà. Allora quel “primo” discorso del “primo”
giorno di scuola gli tornerà alla memoria: egli prenderà coscienza del fatto
che la posizione verticale e l’uso delle mani sono in connesso tra loro. Gli
apparirà manifesto, molto chiaramente manifesto, come l’animale, pur nella sua
complessità e bellezza, resta legato alla posizione orizzontale e i suoi arti
gli servono essenzialmente come mezzi di locomozione, o come mezzi per
procurarsi ciò che serve alla sua sopravvivenza, configurati secondo l’habitat
in cui vive, mentre l’uomo, che si rizza in piedi, destina i suoi arti
inferiori a muoversi secondo la sua volontà e quelli superiori a fare, a
dare forma alle cose a guarire o a
ferire, a creare costruendo o a distruggere…..
L’uomo che durante tutta la vita ha amato e
usato le mani per amore e con amore, in vecchiaia possiede una mano benedicente!
Il gesto delle mani, specie per bambini che
fanno Euritmia, suonano uno strumento musicale, fanno molto disegno di forme,
diventa il gesto dell’uomo! L’uomo che si esprime ed esprime, l’uomo sociale
che lavora per sé e per il mondo.
Queste le linee principali del primo giorno
di scuola e della prima lezione.
Ovviamente qui sono tracciati solo gli
elementi portanti e tutto il resto che pur fa la ricchezza di questo
insegnamento si comprende che qui non può esser trattato.
La lezione della linea retta verticale e
della linea curva è la prima lezione del corso intero di studi Waldorf, ma non
è necessario che sia svolta il primo giorno di scuola.
Riporto qui il passo di Steiner
relativo all’argomento che ho appena trattato.
“ Si può dire al bambino: - Ora traccio questo
segno ( linea retta e dopo lo stesso con la linea curva): adopera la tua mano e
fallo anche tu. - Si può dunque far
tracciare la linea al bambino il più lentamente possibile, e la cosa andrà di
per sé lentamente se si chiamano alla lavagna i bambini per una volta e si
fanno poi tornare ai loro posti. E’ della massima importanza che l’insegnamento
venga ben assimilato. Poi si può dire ai bambini: - Ora faccio quest’altro
segno, fatelo anche voi con le vostre mani. – E ogni bambino lo fa. Terminato
questo si dice: - Questa è una linea retta, l’altra è una linea curva; dunque
voi, con le vostre mani, avete tracciato una linea retta e una linea curva. –
Si aiutano i bambini più maldestri, e si bada che ogni bambino esegua fin dal
principio il suo disegno con una certa perfezione.”.
(“Arte dell’educazione II, Didattica,
conferenza del 25 agosto 1919, Stoccarda).
☼ტ♣▬♦♦▬♣▬♦♦▬♣ტ☼.
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