A otto anni, il bambino, si può dire,
che già prepari la crisi del nono anno: egli comincia infatti a distaccarsi
dall’unità originaria col mondo e ora è come se lo intravedesse già fuori di sé.
Prova ne sono i disegni, che presentano una certa prospettiva, mentre prima il
bambino disegnava tutto in primo piano.
Questo si osserva più facilmente nei bambini
educati secondo i criteri della pedagogia di Rudolf Steiner, i quali, quando
disegnano, non usano linee di contorno e, quando colorano, non riempiono di colore
spazi vuoti dalle forme già delineate.
Avendone la curiosità, si può leggere nel
mio blog quali racconti Steiner ha previsto per i bambini di otto anni, e per
quali motivi.
A dieci anni, il bambino è ancora in
qualche modo coinvolto nella crisi del Rubicone, anche nei casi in cui non vi
sono problemi ad essa connessi che siano
rimasti insoluti. Egli è come un dio nordico, una specie di Thor, pieno di
ardimento e sempre pronto e desideroso di cimentarsi con l’altro e col mondo.
Anche su questa età si può leggere qualcosa nel mio blog.
A undici anni, il bambino è nella
fase più armoniosa. Ne ho conosciuti molti davvero di bambini di undici anni e
ho potuto sperimentare quotidianamente la verità di ciò che ci dice Rudolf
Steiner. Essi sono amabilissimi, si trovano in sintonico accordo con se stessi
e con il mondo E’ stato anche verificato che solo a undici anni l’uomo si trova
in una dimensione e in un insieme di rapporti nel suo fisico, tali da poter
essere inserito in un cerchio!
A
undici anni l’uomo è un piccolo greco, e per questo infatti Steiner prevede per lui il racconto della
mitologia greca, preceduta, all’inizio dell’anno, da quelle indiana, persiana,
mesopotamica, egiziana. A undici anni, infatti,
nella scuola Waldorf, si fa un’epoca d’insegnamento di Greco: la scrittura e la
lettura, la recitazione dell’esametro greco con passo ritmato… si attira
l’attenzione del bambino sui vocaboli che in ogni lingua sono di derivazione
greca….
A dodici anni c’è un nuovo passaggio
importante.
Non a
caso Gesù di Nazareth parlò ai dottori nel tempio a dodici anni!
A dodici anni c’è l’inizio del pensare.
Prima del dodicesimo anno tutto l’insegnamento deve essere come “una pioggia di
immagini”! Da questa pioggia d’immagini ricevuta durante il corso degli anni
precedenti, ora, germoglia il pensiero! Ora il bambino può pensare con
tutto il suo essere. Ma, anche se nasce in lui il pensiero autonomo, egli resta
ancora connesso fortemente con il suo interiore bisogno di meraviglia, di
ammirazione, di stima. Tutto il lavoro dell’adulto pertanto deve concorrere a
creare le situazioni idonee affinché il ragazzo possa ammirare con
comprensione e comprendere con ammirazione.
Ciò per tutta la preadolescenza e l’adolescenza. Ho visto infatti
ragazzi saltare sui banchi per la gioia e l’entusiasmo, al momento della
comprensione di un esperimento di Fisica. Ciò poiché l’intero insegnamento
Waldorf è finalizzato a suscitare e mantenere acceso questo comprendere con
ammirazione, con entusiasmo.
Ora il maestro deve cambiare stile nel suo
approccio con il ragazzo: deve, per così dire, deporre lo scudo protettivo: al
posto di quell’amorevole “abbraccio”, tutto “amore”, tutto meraviglia, egli deve
modificare l’insegnamento, portandolo verso l’intellettualismo, ovviamente
sapendo corrispondere alle necessità diversificate di ogni singolo alunno.
Infatti, in questa fase di crescita, il preadolescente è maturo per dare inizio
alla manifestazione di sé nel mondo, ma non tutti sono pronti: alcuni ne hanno
paura ed esitano a “mettere la testa fuori nel mondo”! Di questo l’educatore
deve avere cura: a lui l’elevato compito e l’onore di aiutare questa nascita!
Ora, il maestro non indugia più in quel
calore con il quale raccontava le fiabe ma, in varie occasioni, spiega
esattamente, chiaramente, freddamente e in molte situazioni esige attenzione e
precisione dai suoi allievi, senza, pertanto, perdere la sua leggerezza, la sua
capacità di ridere, di sentire la bellezza. I ragazzi ne hanno ancora bisogno.
Al fanciullo, ora si possono mostrare i
rapporti di causa ed effetto tra le cose. Prima no. Ora l’insegnamento della
storia non è più obbligato a mantenersi entro i confini dell’immagine, ma anche
se la si introduce pur sempre con
immagini vere e viventi, essa ora deve mostrare la sua processualità, per la
quale ogni periodo storico porta qualcosa a quello che verrà dopo.
Se il
bambino di undici anni era un greco, quello di dodici è un romano. Nell’arco
del dodicesimo anno, che corrisponde alla sesta classe di una scuola Waldorf, i
ragazzi sperimentano nell’anima l’elemento romano, quello del monachesimo, per
poi immergersi nel sentimento del cavaliere medievale, sentimento che precorre
l’adolescenza e l’aprirsi dell’astrale. In
essi, a questa età, la necessità di trovare sempre la giustizia, la
legge, è molto accentuata. E questo loro impulso interiore che nasce adesso e
che si manifesta talora, specie nelle femmine come una sorta di contestazione,
trova la sana risposta nello studio della storia della civiltà dell’antica
Roma, in cui il riconoscimento del diritto individuale coincide col
riconoscimento del diritto di ognuno. Occorre insegnare ai ragazzi che
richiedere un diritto personale è anche il riconoscere il diritto di tutti. Allora
si fa vedere, ad esempio, come in nome di questa conoscenza del diritto, il
giovane romano doveva imparare a memoria il codice legislativo. Alcuni maestri
simulano un vero e proprio agone, un processo, una lite davanti a un giudice…
come l’anno precedente avevano simulato un’agorà.
Ad un dato momento dell’anno poi i ragazzi tendono
a chiudersi e a diventare timidi e goffi, taciturni e le ragazze amano battersi
per una “santa” causa, in difesa di qualcuno o di qualcosa! I
ragazzi, in particolar modo, diventano “monaci” e infatti durante questo loro
passaggio il programma di storia prevede lo studio del monachesimo e
della cavalleria. Come racconti e
letture sono assai adatti sia quelli che riguardano la storia romana, sia e
soprattutto quelli che riguardano i poemi
quale la chanson de Roland, o i romanzi quali quelli di Chrétien de Troyes.
A
dodici anni, nello studio della storia romana, è importante che il ragazzo
conosca anche l’elemento pratico che contraddistingueva questo popolo ormai ben
calato nell’incarnazione e le tecniche che esso usava nella costruzione di
strade, di ponti, di acquedotti … Il ragazzo deve essere condotto a cogliere la
forte presenza dell’elemento sociale connesso appunto con i lavori pubblici e
le tecniche usate con l’organizzazione del territorio e delle zone rurali. Qui la storia sconfina nell’educazione
tecnica, ma anche nella Geografia, quella materia che Steiner paragona al vasto
mare cui confluiscono tutti i fiumi e che, egli dice, se ben studiata, sviluppa
nei fanciulli l’Amore per il mondo. E di
questo ha bisogno un ragazzo di dodici anni!
Ora che egli è prossimo all’adolescenza, non discorsi astratti né
discorsi sullo Spirito, ma insegnamenti
pratici, tecnici, assumono per lui un
grande valore nell’assunzione di spiritualità. Questo dice Steiner. Ed è molto
bello poterne constatare la verità nel quotidiano quando si applicano le sue
indicazioni! Certo, se volessimo ora
trattare il diverso modo in cui si presentano le singole materie nei diversi
anni di età, il discorso si farebbe molto ampio e molto ricco di elementi e
richiederebbe sedi diversamente configurate. C’è qui solo, per ora, da
ricordare che ogni insegnamento di storia punta sugli elementi che ogni singola
civiltà antica per prima ha elaborato e lasciato al mondo, in modo che il
ragazzo da una parte comprenda l’unicità del carattere che contraddistingue
ogni singola civiltà e dall’altra cresca in lui un legame direi persino
affettivo con i popoli che l’hanno preceduto e di cui ora, nel presente, egli
usa a suo vantaggio le scoperte. Pensiamo, ad esempio, al calcolo del tempo, o
alla misurazione dell’angolo…. (Caldei). Questo modo di accostare il ragazzo
alla Storia rafforza e conferma il senso del discorso del primo giorno di
scuola, quando il maestro ha fatto presente al bambino che avrebbe imparato
tutte le cose che hanno saputo fare i grandi, i suoi predecessori.
A dodici anni il ragazzo completa la sua
ossatura, il suo scheletro. Egli prova un interiore sentimento del compimento
del processo osseo e ne porta nel profondo l’ immagine, l’immagine della morte.
Egli sente la compattezza e la durezza del suo sistema osseo, che è quella del
minerale: fermo, solido, racchiuso, avverte nel suo intimo il carattere del
processo di mineralizzazione, che è un processo di morte.
Per questo occorre avere molta sensibilità
nella comprensione dei dodicenni, che hanno in sé un ben preciso tipo di
sofferenza; per questo tutte le materie sono studiate in modo da corrispondere
in modo conforme alle esigenze interiori del ragazzo che ha appena compiuto
quel processo di mineralizzazione che lo rende ora idoneo a usare l’intelletto
e a svilupparne le facoltà.
Il processo conoscitivo è un processo di
sali infatti!
A
dodici anni, dice Steiner, è molto importante che i ragazzi giochino alla palla
lanciandola con le mani. Questo esercizio contribuisce in modo notevole a
ridare vita all’immagine di morte che essi hanno in sé.
In sesta, maestro e allievi, si può avere
cura di dare alle lezioni uno svolgimento molto ben organizzato, preciso,
puntuale, direi persino “geometrico”, senza divagazioni né interruzioni, e
utilizzare il tempo che resta per il gioco della palla a mano. Questo diventa
salute ed energia per il gruppo-classe.
E’ anche a motivo di questo completamento
del sistema osseo che a dodici anni il ragazzo ha necessità che l’adulto sia
con lui preciso e rigoroso ( non mai rigido né privo di amore). In questo, lo
studio della Geometria, già iniziato a 11 anni a mano libera ed ora
studiata con la precisione che deriva dall’uso degli strumenti, è di grande
aiuto, poiché la sua stessa natura implica sia un lavoro di disciplina che un
lavoro che porta nell’interiore la fantasia, come quando ad esempio si fanno
fare ai ragazzi quegli esercizi di rappresentazione, come immaginare un
triangolo che cresce in alto e in basso.
L’insegnamento della Geometria, nelle scuole
Waldorf, prevede esperienze come questi esercizi, ad esempio, che generalmente
non sono in uso nelle scuole pubbliche, ma che sono molto funzionali per lo
sviluppo della facoltà di rappresentazione, cosa altamente vivificante del
pensiero.
Il principio di causalità trova la sua più
evidente manifestazione nello studio della Fisica, dove l’esperienza
diretta mostra ai ragazzi fatti che destano meraviglia e hanno in sé la
bellezza, e attraverso il quale studio, i ragazzi, mossi dallo stesso desiderio
di conoscenza che il bello desta in loro, poi possono procedere verso l’esperienza
del pensare, di un pensare deduttivo, realistico e non teoretico, che ha le sue
radici nell’analisi stessa dei fatti. Essi deducono da se stessi le leggi che
si mostrano nell’esperimento, come quando,
da piccoli, a otto anni, deducevano da se stessi le leggi morali insite nel
racconto delle favole.
Anche l’insegnamento dei lavori manuali, ad
esempio la lavorazione del legno, contiene in sé il principio di causa ed
effetto, e questa volta il ragazzo lo vede verificarsi nel suo stesso lavoro. A
seconda della personalità di ogni singolo alunno, il maestro sceglie il legno
adatto lavorando il quale egli deve impiegare le proprie forze con intensità
pari alla sua minore o maggiore esuberanza giovanile e i risultati sono gli
effetti evidenti e manifesti della sua fatica, del suo sudore!
Ora che i ragazzi non sono più bambini e che
in essi crescono le forze nuove dell’adolescenza, occorre impegnarle prima che
si disperdano o si atrofizzino in esperienze di lavoro sempre più dure e
pesanti, date con amore ( sempre in relazione alle reali forze di ognuno),
esperienze che diano visibilità al ragazzo del rapporto che esiste nella realtà
tra il suo impegno e il risultato, esperienze che gli diano l’opportunità di
constatare la verità della legge causa-effetto non da un punto di vista
teoretico ma pratico. Egli deve interiormente sentire quello che dice Goethe:
vedere quello che c’è, non quello che ci piace.
Oggi si molto abituati a condurre i ragazzi
in esperienze che piacciono loro.
Questo inaridisce gli impulsi volitivi e
smorza l’audacia del pensare.
© rosalia de vecchi
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