martedì 17 giugno 2014

i dodici anni


 

A otto anni, il bambino, si può dire, che già prepari la crisi del nono anno: egli comincia infatti a distaccarsi dall’unità originaria col mondo e ora è come se lo intravedesse già fuori di sé. Prova ne sono i disegni, che presentano una certa prospettiva, mentre prima il bambino disegnava tutto in primo piano.  

Questo si osserva più facilmente nei bambini educati secondo i criteri della pedagogia di Rudolf Steiner, i quali, quando disegnano, non usano linee di contorno e, quando colorano, non riempiono di colore spazi vuoti dalle forme già delineate.

Avendone la curiosità, si può leggere nel mio blog quali racconti Steiner ha previsto per i bambini di otto anni, e per quali motivi.

 

A dieci anni, il bambino è ancora in qualche modo coinvolto nella crisi del Rubicone, anche nei casi in cui non vi sono problemi ad essa connessi che  siano rimasti insoluti. Egli è come un dio nordico, una specie di Thor, pieno di ardimento e sempre pronto e desideroso di cimentarsi con l’altro e col mondo. Anche su questa età si può leggere qualcosa nel mio blog.

 

A undici anni, il bambino è nella fase più armoniosa. Ne ho conosciuti molti davvero di bambini di undici anni e ho potuto sperimentare quotidianamente la verità di ciò che ci dice Rudolf Steiner. Essi sono amabilissimi, si trovano in sintonico accordo con se stessi e con il mondo E’ stato anche verificato che solo a undici anni l’uomo si trova in una dimensione e in un insieme di rapporti nel suo fisico, tali da poter essere inserito in un cerchio!

 A undici anni l’uomo è un piccolo greco, e per questo infatti  Steiner prevede per lui il racconto della mitologia greca, preceduta, all’inizio dell’anno, da quelle indiana, persiana, mesopotamica, egiziana.  A undici anni, infatti, nella scuola Waldorf, si fa un’epoca d’insegnamento di Greco: la scrittura e la lettura, la recitazione dell’esametro greco con passo ritmato… si attira l’attenzione del bambino sui vocaboli che in ogni lingua sono di derivazione greca….

 

A dodici anni c’è un nuovo passaggio importante.

 Non a caso Gesù di Nazareth parlò ai dottori nel tempio a dodici anni!

A dodici anni c’è l’inizio del pensare. Prima del dodicesimo anno tutto l’insegnamento deve essere come “una pioggia di immagini”! Da questa pioggia d’immagini ricevuta durante il corso degli anni precedenti, ora, germoglia il pensiero! Ora il bambino può pensare con tutto il suo essere. Ma, anche se nasce in lui il pensiero autonomo, egli resta ancora connesso fortemente con il suo interiore bisogno di meraviglia, di ammirazione, di stima. Tutto il lavoro dell’adulto pertanto deve concorrere a creare le situazioni idonee affinché il ragazzo possa ammirare con comprensione e comprendere con ammirazione.  Ciò per tutta la preadolescenza e l’adolescenza. Ho visto infatti ragazzi saltare sui banchi per la gioia e l’entusiasmo, al momento della comprensione di un esperimento di Fisica. Ciò poiché l’intero insegnamento Waldorf è finalizzato a suscitare e mantenere acceso questo comprendere con ammirazione, con entusiasmo.

Ora il maestro deve cambiare stile nel suo approccio con il ragazzo: deve, per così dire, deporre lo scudo protettivo: al posto di quell’amorevole “abbraccio”, tutto “amore”, tutto meraviglia, egli deve modificare l’insegnamento, portandolo verso l’intellettualismo, ovviamente sapendo corrispondere alle necessità diversificate di ogni singolo alunno. Infatti, in questa fase di crescita, il preadolescente è maturo per dare inizio alla manifestazione di sé nel mondo, ma non tutti sono pronti: alcuni ne hanno paura ed esitano a “mettere la testa fuori nel mondo”! Di questo l’educatore deve avere cura: a lui l’elevato compito e l’onore di aiutare questa nascita!

Ora, il maestro non indugia più in quel calore con il quale raccontava le fiabe ma, in varie occasioni, spiega esattamente, chiaramente, freddamente e in molte situazioni esige attenzione e precisione dai suoi allievi, senza, pertanto, perdere la sua leggerezza, la sua capacità di ridere, di sentire la bellezza. I ragazzi ne hanno ancora bisogno.

Al fanciullo, ora si possono mostrare i rapporti di causa ed effetto tra le cose. Prima no. Ora l’insegnamento della storia non è più obbligato a mantenersi entro i confini dell’immagine, ma anche se la si introduce  pur sempre con immagini vere e viventi, essa ora deve mostrare la sua processualità, per la quale ogni periodo storico porta qualcosa a quello che verrà dopo.

 Se il bambino di undici anni era un greco, quello di dodici è un romano. Nell’arco del dodicesimo anno, che corrisponde alla sesta classe di una scuola Waldorf, i ragazzi sperimentano nell’anima l’elemento romano, quello del monachesimo, per poi immergersi nel sentimento del cavaliere medievale, sentimento che precorre l’adolescenza e l’aprirsi dell’astrale. In  essi, a questa età, la necessità di trovare sempre la giustizia, la legge, è molto accentuata. E questo loro impulso interiore che nasce adesso e che si manifesta talora, specie nelle femmine come una sorta di contestazione, trova la sana risposta nello studio della storia della civiltà dell’antica Roma, in cui il riconoscimento del diritto individuale coincide col riconoscimento del diritto di ognuno. Occorre insegnare ai ragazzi che richiedere un diritto personale è anche il riconoscere il diritto di tutti. Allora si fa vedere, ad esempio, come in nome di questa conoscenza del diritto, il giovane romano doveva imparare a memoria il codice legislativo. Alcuni maestri simulano un vero e proprio agone, un processo, una lite davanti a un giudice… come l’anno precedente avevano simulato un’agorà.

Ad un dato momento dell’anno poi i ragazzi tendono a chiudersi e a diventare timidi e goffi, taciturni e le ragazze amano battersi per una “santa” causa, in difesa di qualcuno o di qualcosa!   I ragazzi, in particolar modo, diventano “monaci” e infatti durante questo loro passaggio il programma di storia prevede lo studio del monachesimo e della cavalleria.  Come racconti e letture sono assai adatti sia quelli che riguardano la storia romana, sia e soprattutto quelli che riguardano i poemi  quale la chanson de Roland, o i romanzi quali quelli di Chrétien de Troyes.

 A dodici anni, nello studio della storia romana, è importante che il ragazzo conosca anche l’elemento pratico che contraddistingueva questo popolo ormai ben calato nell’incarnazione e le tecniche che esso usava nella costruzione di strade, di ponti, di acquedotti … Il ragazzo deve essere condotto a cogliere la forte presenza dell’elemento sociale connesso appunto con i lavori pubblici e le tecniche usate con l’organizzazione del territorio e delle zone rurali.  Qui la storia sconfina nell’educazione tecnica, ma anche nella Geografia, quella materia che Steiner paragona al vasto mare cui confluiscono tutti i fiumi e che, egli dice, se ben studiata, sviluppa nei fanciulli l’Amore per il mondo.  E di questo ha bisogno un ragazzo di dodici anni!  Ora che egli è prossimo all’adolescenza, non discorsi astratti né discorsi sullo Spirito, ma  insegnamenti pratici, tecnici,  assumono per lui un grande valore nell’assunzione di spiritualità. Questo dice Steiner. Ed è molto bello poterne constatare la verità nel quotidiano quando si applicano le sue indicazioni!  Certo, se volessimo ora trattare il diverso modo in cui si presentano le singole materie nei diversi anni di età, il discorso si farebbe molto ampio e molto ricco di elementi e richiederebbe sedi diversamente configurate. C’è qui solo, per ora, da ricordare che ogni insegnamento di storia punta sugli elementi che ogni singola civiltà antica per prima ha elaborato e lasciato al mondo, in modo che il ragazzo da una parte comprenda l’unicità del carattere che contraddistingue ogni singola civiltà e dall’altra cresca in lui un legame direi persino affettivo con i popoli che l’hanno preceduto e di cui ora, nel presente, egli usa a suo vantaggio le scoperte. Pensiamo, ad esempio, al calcolo del tempo, o alla misurazione dell’angolo…. (Caldei). Questo modo di accostare il ragazzo alla Storia rafforza e conferma il senso del discorso del primo giorno di scuola, quando il maestro ha fatto presente al bambino che avrebbe imparato tutte le cose che hanno saputo fare i grandi, i suoi predecessori.

A dodici anni il ragazzo completa la sua ossatura, il suo scheletro. Egli  prova un interiore sentimento del compimento del processo osseo e ne porta nel profondo l’ immagine, l’immagine della morte. Egli sente la compattezza e la durezza del suo sistema osseo, che è quella del minerale: fermo, solido, racchiuso, avverte nel suo intimo il carattere del processo di mineralizzazione, che è un processo di morte.

Per questo occorre avere molta sensibilità nella comprensione dei dodicenni, che hanno in sé un ben preciso tipo di sofferenza; per questo tutte le materie sono studiate in modo da corrispondere in modo conforme alle esigenze interiori del ragazzo che ha appena compiuto quel processo di mineralizzazione che lo rende ora idoneo a usare l’intelletto e a svilupparne le facoltà.

Il processo conoscitivo è un processo di sali infatti!

 A dodici anni, dice Steiner, è molto importante che i ragazzi giochino alla palla lanciandola con le mani. Questo esercizio contribuisce in modo notevole a ridare vita all’immagine di morte che essi hanno in sé.

In sesta, maestro e allievi, si può avere cura di dare alle lezioni uno svolgimento molto ben organizzato, preciso, puntuale, direi persino “geometrico”, senza divagazioni né interruzioni, e utilizzare il tempo che resta per il gioco della palla a mano. Questo diventa salute ed energia per il gruppo-classe.

E’ anche a motivo di questo completamento del sistema osseo che a dodici anni il ragazzo ha necessità che l’adulto sia con lui preciso e rigoroso ( non mai rigido né privo di amore). In questo, lo studio della Geometria, già iniziato a 11 anni a mano libera ed ora studiata con la precisione che deriva dall’uso degli strumenti, è di grande aiuto, poiché la sua stessa natura implica sia un lavoro di disciplina che un lavoro che porta nell’interiore la fantasia, come quando ad esempio si fanno fare ai ragazzi quegli esercizi di rappresentazione, come immaginare un triangolo che cresce in alto e in basso.

 L’insegnamento della Geometria, nelle scuole Waldorf, prevede esperienze come questi esercizi, ad esempio, che generalmente non sono in uso nelle scuole pubbliche, ma che sono molto funzionali per lo sviluppo della facoltà di rappresentazione, cosa altamente vivificante del pensiero.

Il principio di causalità trova la sua più evidente manifestazione nello studio della Fisica, dove l’esperienza diretta mostra ai ragazzi fatti che destano meraviglia e hanno in sé la bellezza, e attraverso il quale studio, i ragazzi, mossi dallo stesso desiderio di conoscenza che il bello desta in loro, poi possono procedere verso l’esperienza del pensare, di un pensare deduttivo, realistico e non teoretico, che ha le sue radici nell’analisi stessa dei fatti. Essi deducono da se stessi le leggi che si mostrano nell’esperimento, come  quando, da piccoli, a otto anni, deducevano da se stessi le leggi morali insite nel racconto delle favole.

Anche l’insegnamento dei lavori manuali, ad esempio la lavorazione del legno, contiene in sé il principio di causa ed effetto, e questa volta il ragazzo lo vede verificarsi nel suo stesso lavoro. A seconda della personalità di ogni singolo alunno, il maestro sceglie il legno adatto lavorando il quale egli deve impiegare le proprie forze con intensità pari alla sua minore o maggiore esuberanza giovanile e i risultati sono gli effetti evidenti e manifesti della sua fatica, del suo sudore!

Ora che i ragazzi non sono più bambini e che in essi crescono le forze nuove dell’adolescenza, occorre impegnarle prima che si disperdano o si atrofizzino in esperienze di lavoro sempre più dure e pesanti, date con amore ( sempre in relazione alle reali forze di ognuno), esperienze che diano visibilità al ragazzo del rapporto che esiste nella realtà tra il suo impegno e il risultato, esperienze che gli diano l’opportunità di constatare la verità della legge causa-effetto non da un punto di vista teoretico ma pratico. Egli deve interiormente sentire quello che dice Goethe: vedere quello che c’è, non quello che ci piace.

Oggi si molto abituati a condurre i ragazzi in esperienze che piacciono loro.

Questo inaridisce gli impulsi volitivi e smorza l’audacia del pensare.

 
© rosalia de vecchi

 

Nessun commento:

Posta un commento